Barbera deserto, la protesta che divide

In tanti restano fuori, altri non riescono a stare lontani, una guerra fratricida senza vinti, né vincitori

Barbera deserto, la protesta che divide

Pochi spettatori al Barbera per Palermo - Empoli,  big-match della 3ª giornata di Serie B, ma la scarsa affluenza di pubblico, ancora più bassa rispetto a quella della gara d’esordio, non ha sorpreso nessuno ed è inutile girarci intorno, è inutile ignorare i veri motivi che hanno indotto tantissimi tifosi del Palermo a disertare il loro stadio, il loro tempio.

 

Nessuna dietrologia e nessuna polemica, solo la constatazione di una realtà difficile da accettare. E non è lecito dare giudizi o condanne, si deve solo avere il coraggio e il buon senso di dire chiaramente che questo è il risultato preannunciato di una protesta civile e silenziosa che, da qualche tempo, la maggior parte dei tifosi rosanero ha scelto di portare avanti come extrema ratio per gridare forte il proprio dissenso nei confronti di una società dalla quale si sentono traditi e nella quale non si riconoscono più.

 

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Non c’è acredine verso i giocatori, non c’è astio nei confronti del tecnico, anche se in talune sue scelte si palesa forte la presenza della proprietà. La volontà di disertare il Barbera è la conseguenza di uno strappo con la società, difficilmente ricucibile, che non è imputabile né alla recente retrocessione, né ai risultati sportivi.

La mancata cessione del club è stata lo spartiacque per un punto di non ritorno.

 

Se è vero che nessuno può obbligare qualcuno a vendere un bene di sua proprietà – come giustamente ha sottolineato in una recente dichiarazione il sindaco di Palermo Leoluca Orlando – è altrettanto vero che nessuno può permettersi di giudicare chi ha scelto di non andare più allo stadio. 

 

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L’aspetto più triste e avvilente in questa vicenda, però, è la guerra fratricida che è scoppiata tra chi ha deciso di stare ugualmente vicino alla squadra e chi invece ha deciso di non entrare più al Barbera e di seguire le gare da lontano. 

Difficile restare distanti da questi colori, il rosa ed il nero sono il retaggio che ogni palermitano porta scolpito dentro di sé, i ricordi, gli affetti e i legami che niente e nessuno può spezzare, perché, sempre e ovunque, in ogni parte del mondo si trovi, il tifoso rosanero non smetterà mai di amarli, chi resta fuori sa di pagare un prezzo troppo alto.

In questa battaglia fra fratelli rosanero nessuno è vincitore, in entrambe le scelte, entrare o non entrare, tutti hanno perso qualcosa. In molti giurano che nessun risultato positivo riuscirà a trascinarli nuovamente allo stadio, della squadra e di quello che succede in campo però ne continuano a parlare, il Palermo non si può ignorare, è quel chiodo fisso che nessuno di loro vuole dimenticare.

 

In questo limbo senza fine, la squadra rosanero continua ad essere orfana della sua gente, a non sentire pienamente il calore avvolgente e travolgente che solo questa città sa regalare.

Si è spento il sole al Barbera, da tempo non c’è più il dodicesimo uomo in campo, quella curva nord che faceva tremare le ginocchia agli avversari e battere forte il cuore a chiunque entrava in questo stadio. Non c’è più entusiasmo fra la gente, né attesa né trepidazione, a tratti qualche guizzo, tanti ricordi, molta nostalgia.

E’ stata calpestata una passione, sono stati distrutti sogni, speranze ed illusioni, per ripartire si dovranno resettare programmi e progetti. 

 

Di certo così non si può continuare: il Palermo ha bisogno della sua gente e i tifosi hanno bisogno di tornare al Barbera, di respirare di nuovo l’erba di quel prato e di tifare senza più remore la squadra della propria città.