Matteo, Nessuno, Centomila

Matteo, Nessuno, Centomila

di Andrea Bosco

Chi nella propria vita ha calcato un campo da calcio almeno una volta probabilmente si è sentito colto dalla sensazione, talvolta impercettibile, di disorientamento, causato dall'improvviso cambio di prospettiva, dall'immedesimazione, da specto (guardo) a experior (faccio esperienza). Non a caso questo verbo latino, tra le sue numerose accezioni, include anche "sopportare", "soffrire", perché è grazie all'impegno nel cimentarsi direttamente in un'attività che si riescono a cogliere tutte quelle sfumature meno evidenti, magari nascoste sotto una maschera di apparente distacco, ma che più delle altre mettono a dura prova il carattere dell'individuo.

E chissà, in questo momento, quali pensieri affollano la mente dell'uomo più rappresentativo della nuova era del Palermo, quel centravanti presentatosi alla corte del presidente Mirri senza alcuna pretesa, ma capace di fare breccia negli animi appassionati dei tifosi rosanero. Matteo Brunori è un ragazzo dalla storia sportiva particolarmente tortuosa e per questa ragione affascinante, quasi estranea a quest'epoca, e che potrebbe essere presa come spunto per la trama di un racconto. Il professionismo già da adolescente, poi la discesa tra i dilettanti, con le tasche colme di rimpianti, l'amarezza per le ginocchia sbucciate dopo la prima caduta, sostituita subito dalla tenacia, l'ambizione di rialzarsi, ripartendo dal fondo. La risalita, passo dopo passo, i 17 gol di Arezzo, la serie B e infine la gloria più dolce in terra sicula, da underdog a leader, trascinatore, beniamino.

Matteo Brunori non è un calciatore comune, è lampante. Lui si nutre di sensazioni vibranti, vive per l'adrenalina del gol e del boato della sua gente, affronta con estrema emotività ogni istante di partita, con il trasporto e il coinvolgimento di chi è dotato di quella sensibilità che può rappresentare la più imprevedibile delle armi a doppio taglio.

Vivi sospeso su un filo sottilissimo; in un momento hai il pieno controllo, ma in un istante puoi rischiare di precipitare nel vuoto, basta una leggera oscillazione. In bilico tra la presa solida su tutte le tue certezze, la freddezza glaciale davanti anche alla condizione più angosciante, e lo sgretolamento disarmante di ciò che fino a un attimo prima ritenevi impenetrabile, inscalfibile.                                                                                                                                                    Ti guardi allo specchio, squadri la tua immagine, cerchi nel profondo il significato di ciò che sei, affronti costantemente te stesso e ti rendi conto che in fin dei conti la tua identità, così chiara e incomprensibile, ha sempre rappresentato il punto di forza essenziale in ogni tua battaglia. Risulterai ambiguo agli occhi di molti, non verrai compreso, spesso frainteso, ma rimarrai sempre lì, saldamente sulla punta dei piedi, in bilico anche nella considerazione della gente che tanto ti sta a cuore; non c'è traccia di risentimento, anche nel momento dell'abbandono, perché sai perfettamente che non si tratta di sfiducia, solo di perdita temporanea di connessione.

Matteo Brunori esprime tanto, forse troppo per essere gestito e raccontato senza rischiare di essere retorici o superficiali. Quel che è certo però è che quel nodo, inatteso, intriso di passione, tra il capitano e Palermo non ha bisogno di essere intrecciato con qualche tecnica complessa. Basteranno una rete gonfiata da un destro potente, una corsa sotto la curva e due mani portate alle orecchie.