Lancini: «A Palermo ho trovato la mia dimensione»

Lancini: «A Palermo ho trovato la mia dimensione»

Il Palermo, ripartito dopo il fallimento della vecchia società grazie alla Hera Hora di Dario Mirri e Tony Di Piazza, guida il Girone I di Serie D a 37 punti, a +8 dal Savoia.

 

Fatta eccezione per il pareggio contro la Palmese e la sconfitta contro il Savoia, il Palermo ha sempre dimostrato quanto il suo organico sia oltre categoria.

A dimostrazione di ciò, i diversi giocatori che quest’estate hanno rinunciato ai campionati professionistici per sposare la causa rosanero.

È il caso di Edoardo Lancini, difensore classe ’94 che dalla Serie A conquistata con il Brescia è passato al campionato dilettanti.

 

Intervistato dal Corriere dello Sport, il difensore rosanero ha così parlato delle scelte che lo hanno portato in maglia rosanero:

 

«Se non avessi trovato squadra? Sarei andato all’estero, in Spagna. Con l’Entella ci siamo bloccati sull’ingaggio».

 

PALERMO

«È stata una sorta di catarsi. Per ripartire con nuovi stimoli. Mi voleva il Catania, ho voluto aspettare. A Palermo ho trovato la mia dimensione. Colpa degli altri? No, della mia testa –ammette il difensore rosanero-. Prima ascoltavo tutti, guardavo le pagelle, da bresciano avvertivo pressione e responsabilità. Essere profeta in patria non è facile. Ora me ne frego. Qui mi sono tuffato in un mondo pieno di entusiasmo».

 

OBIETTIVO E INIZI

 «La A è il sogno interrotto. Prima bisogna pensare alla C, vincere il più possibile. Contro l’Acireale? Lo stesso. La scintilla con il calcio? Da bambino sognavo di giocare nella mia città. Ricordo un Brescia-Atalanta 3-3, quello della corsa di Mazzone sotto la curva bergamasca per il gol al 90’ e la tripletta di Baggio. Mi dicevo: “Un giorno ci sarò anch’io”. Seguivo il Milan, la squadra del cuore, e ovviamente Maldini e Nesta».

 

LA FAMIGLIA

 «Figlio unico, papà Alberto è nel settore immobiliare e mi ha trasmesso la passione per il Milan; mamma Grazia faceva la fruttivendola, e del calcio conosce solo Lancini. Che figlio sono? Ascoltavo i miei genitori e avevo timore di papà: se, tornando a casa, non rispettavo l’orario, prendevo di quelle bastonate».

 

 

FIDANZATA

«Paola il mio unico amore. Ci siamo conosciuti 7 anni fa a una festa. È bastato uno sguardo. Lei si è fatta avanti e timidamente le ho sussurrato: “Ti ho visto da lontano e mi si è aperto il cuore”. Era diversa da tutte ed è scattato qualcosa dentro».

 

TATUAGGI

«Braccio sinistro: i nomi dei miei genitori con un diamante; a destra una geisha, quando l’essere donna diventa un’arte; poi un segno giapponese della fortuna e un samurai, coraggio e battaglia. Nella schiena, un gigantesco leone che ruggisce non stilizzato come quello di Icardi, il mio ha la bocca aperta, pronto ad azzannare la preda».

 

 

DIFESA E PERGOLIZZI

«Buon rapporto con Pergolizzi? Apprezzo le persone sincere come lui. Cura molto la fase difensiva, mette bene la squadra e si vede. Il segreto della difesa? Un grande gruppo. In D conta soprattutto la mentalità vincente e da battaglia. Noi l’abbiamo».

 

HOBBY

«Giocare a padel e scherzare con Martinelli; la musica latina, Daddy Yankee, Ultimo del quale ho visto un concerto a Roma; prenotare Wembley per i Coldplay; Ancelotti; il Palermo di Dybala, Vazquez ed Hernandez; la motocicletta, vivere a Miami, la parola “pota” intercalare bresciano che significa “accipicchia”, gli anni 90’, Instagram, arrivare in A con il Palermo –conclude-».

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