«Diventato capro espiatorio di tutti i mali del calcio»

L'ex tecnico della Nazionale racconta la sua versione riguardo la mancata qualificazione ai mondiali di Russia

«Diventato capro espiatorio di tutti i mali del calcio»

I mondiali di Russia stanno per iniziare e la ferita della mancata qualificazione dell'Italia brucia ancora più che mai. Dopo la disfatta azzurra la parola d'ordine è stata "rifondazione" e il primo a farne le spese è stato Giampiero Ventura, l'allenatore ritenuto da molti la vera causa di questo "dramma" sportivo. Rimasto per tanto tempo in silenzio l'ex tecnico degli azzurri, ieri ospite al programma "Che tempo che fa" in onda su Rai Uno, ha raccontato la sua versione della vicenda sfogandosi e togliendosi più di qualche sassolino dalla scarpa:  

 

GLI ATTACCHI

«Siamo giunti alla gara decisiva con la Spagna con numeri e risultati importanti. Sette vittorie e due pareggi in nove partite disputate fino a quel momento. C’erano due possibilità: vincerla o andare agli spareggi. Subito dopo la debacle contro un avversario superiore sul piano tecnico ed in quel frangente anche fisico - afferma Ventura - c’è stata una violenza inaudita nei miei riguardi alla prima sconfitta in un anno, in tanti a chiedere subito le mie dimissioni. C’è stata una delegittimazione esterna sulla mia persona che ha condizionato il prosieguo del nostro cammino. C’era già stata una delegittimazione interna. Il progetto inizialmente prevedeva la presenza di Marcello Lippi come direttore tecnico e come tutor, poi revocata per ragioni regolamentari che dovevano essere note anche prima. Sono rimasto senza rete in un ruolo che non conoscevo. Avrebbero potuto saperlo in tempi non sospetti, per un anno ho fatto sia il ct che il direttore tecnico. Nel momento in cui sarei dovuto essere investito ufficialmente, poi, improvvisamente, Tavecchio ha deciso di nominare Ulivieri. Questa è una chiara delegittimazione»

 

DIMISSIONI

«Dopo la gara con Israele, successiva a quella con la Spagna, mi sarei dovuto dimettere, perché tutto lo stadio fischiava la Nazionale dopo appena dieci minuti di gioco. Mi sono dimesso dopo la partita con la Macedonia. Aveva presentato le mie dimissioni ai dirigenti, - continua il tecnico - dicendo che serviva qualche altra persona che potesse portare serenità, poiché ormai per il sottoscritto era un clima devastante. Le mie dimissioni, comunque, non erano state accettate. Ma avevo già deciso che anche se anche se ci fossimo qualificati, non sarei andato ai Mondiali. Avevo informato anche il mio staff che, anche in caso di vittoria contro la Svezia avrei annunciato il mio addio immediato. Non mi sono dimesso dopo la Svezia perché sarebbe stato come ammettere di essere l’unico responsabile di una disfatta che ha anche altri padri».

 

RIPARTIRE

«Sono diventato il capro espiatorio di tutti i mali del calcio. Mi sono messo nei panni degli italiani e so che stanno soffrendo, ma passerà. A me, invece, non passerà mai. Faccio un in bocca a lupo a Mancini di cuore affinché possa essere messo nelle condizioni di poter lavorare in una maniera corretta e di poter aver a che fare con persone che dicono quello che pensano. Ora voglio rimettermi in gioco, - conclude l'ex allenatore degli azzurri - ho voglia di tornare ad allenare più che mai e dare delle risposte sul campo. Trentacinque anni di carriera non possono essere cancellati o messi in discussione da soli tre mesi».