La triste storia del leone in gabbia

Schelotto seduto in un angolino. Non può alzarsi, non può comunicare con la squadra. Effetto ''garra'' annullato.

La triste storia del leone in gabbia

Quella di Schelotto sulla panchina rosanero sembra la storia triste di un leone in gabbia, rinchiuso dietro le sbarre dall'ingiustizia umana. Lui che viene dalla periferia del mondo, però, in Italia non deve lottare contro soprusi o sopraffazioni – quelli vengono dopo – perché il primo dei nemici, il più temibile, qui si chiama burocrazia.

E così lo vediamo in panchina costretto dentro una camicia ed un gilet, avvolto dalla cravatta stretta che sembra quasi una metafora della condizione che gli è stata imposta.

L'instacabile condottiero Barros Schelotto, che da giocatore nel Boca, come da allenatore nel Lanùs, riusciva a trascinare letteralmente i suoi con la grinta e la determinazione, oggi è relegato al ruolo di dirigente accompagnatore. Glielo impone il regolamento che non permette al presidente di una squadra italiana di assumere chi gli pare per dirigere gli allenamenti e le partite.

E Schelotto deve stare seduto, può occupare l'area tecnica solo se l'allenatore si siede e può dare indicazioni alla squadra solo se filtrate da Tedesco; sembra in procinto di esplodere ma resta calmo; vorrebbe accompagnare ogni ripartenza, ogni ripiego, ogni contrasto ma non può, non ha il patentino per urlare ai giocatori di una squadra italiana. E passa i novanta minuti incollato alla panca; a volte, come sabato a Modena, su una sedia striminzita, con gli appunti in mano e lo sguardo spento, frenato dall'impossibilità di comunicare con i giocatori che per tutta la settimana ha istruito e che adesso non può correggere.

È la garra dimezzata: quell'artiglio che è una presenza attiva, incoraggiante e determinante, cifra e garanzia del futebol argentino, qui schiacciato dai cavilli delle regole senza criterio.

La scelta di tesserare Giovanni Tedesco è un'intuizione: rasserenare l'ambiente, prima di tutto. E al novello allenatore palermitano non manca certamente la personalità che è necessario trasmettere a questa squadra.

Ma quel timbro che fa di Schelotto una leggenda del calcio sudamericano, quella tempra che lo ha portato ad essere un vincente anche sulla panca del modesto Lanùs: sono questi gli elementi che in partite come Carpi-Palermo decidono la vittoria ed evitano la beffa.

 

La foto è di Pasquale Ponente.