L'Europa ci ha respinto: tutti a casa

L'Europa ci ha respinto: tutti a casa

Di italiano c'era soltanto Zambrotta per i sorteggi dei quarti di Champion League; una mano profetica di un ex milanista, un cognome echeggiante per chi ha seguito e tifato per le stagioni d'oro del Milan, ha rivestito i panni del giudice che sentenzia amare punizioni. Nel vorticoso vaso di cristallo erano otto le squadre qualificate nella massima competizione europea, e tra queste, non figurava nessuna italiana. Ecco che il confine tra realtà e apparenza diventa nitido per il riflesso non di un destino stavolta, ma per l'incapacità di venir fuori, rompere gli argini di un torrente che stagnante, riposa sempre sulla stessa terra. Un'altra debacle, l'ennesima.
Una Juve travolta a fine tempo supplementare dal Bayern Monaco lascia l'amarezza e i complessi di inferiorità alla dirigenza, che sublima la rabbia, recriminando per l'arbitraggio, quando invece a contare sono sempre le prestazioni e lo spessore internazionale, al di là del predominio nazionale. Una Roma che trascinata da un sovrano illuminato ha resistito per quanto poteva, fino ad un terminale cedimento. Forse si poteva cambiare prima l'allenatore, Spalletti ha profuso ideali virtuosi, ha rinfarcito di idee tutti, e questo fa ben sperare, anche se Dzeko l'eroe disperso, ha perso la voglia di partite memorabili o semplicemente, con i suoi trentanni suonati non ha più l'intensità da ragazzino.
Che dire poi dell'Europa League, figlia minore, ma palcoscenico da gavetta? Erede di un patrimonio europeo lasciato incompiuta da Fiorentina e Napoli, la Lazio è stata travolta dal peso di un fardello del riscatto di un'intera nazione: tre sussulti cechi dissipano anche l'ultimo baluardo romano, umiliandolo senza mezzi termini. Lo Sparta Praga se la vedrà adesso con il Villareal, carnefice del Napoli, altra delusa. La nuvoletta fantozziana è il crogiuolo di una competizione vissuta da Re dai partenopei, tanto da essere stati più volte accreditati come possibili finalisti, ma l'incapacità di gestire poi le emozioni, sbagliando e incassando pure, non è più l'alibi perfetto e finisce così per scucirsi. Ci affidiamo in questi casi al detto "Verranno giorni migliori" si, ma quando?..