Da Parma a Catania: quando a pagare sono sempre i tifosi

Un nuovo scandalo si è abbattuto sullo sport più seguito del Paese, catapultando il calcio malato nostrano in testa alla hit parade dell’estate. D’altronde, ormai da diversi anni, quando il campionato volge al termine, l’appuntamento per gli appassionati di calcio si sposta dagli stadi alle aule delle procure e dei tribunali, dove va in scena un circo che si scopre fatto di atleti e dirigenti pronti a vendere al miglior offerente lo sport simbolo del Belpaese.

È successo nell’80 con l’inchiesta sul Totonero, che rappresentò il primo grave colpo inflitto alla credibilità del calcio made in Italy e che culminò con la retrocessione di Milan e Lazio e la squalifica di personaggi noti come Paolo Rossi, Enrico Albertosi e Giuseppe Wilson. Nell’86 fu la volta del Totonero-bis, dove per la prima volta nella storia del calcio irruppero le intercettazioni telefoniche della Procura di Torino guidata da Giuseppe Marabotto. Nel 2006 fu invece il tempo di Calciopoli, con scudetti annullati e illustri retrocessioni; e ancora il Calcioscommesse del 2011 e il più recente “Dirty Soccer”, passando per il fallimento del Parma e l’arresto di Pulvirenti, a coronamento di una cronaca nera in salsa sportiva testimonianza di un universo calcistico fatto di improvvisati pupari senza scrupoli disposti ad oltraggiare persino le più pure passioni sportive.

Loro truccano, speculano o accumulano decine di milioni di debiti senza alcun controllo e i tifosi pagano, soffrono e tuttavia tifano. Che sono loro dunque? Stupidi? Creduloni? Babbei? Semplicemente gente umile che a volte rinuncia a qualcosa di importante per pagare il biglietto dello stadio o l’abbonamento alla paytv e distrarsi dai problemi di tutti i giorni, clienti-utenti di un prodotto sempre più scadente e corrotto che li spreme come limoni e poi li calpesta senza alcuno scrupolo. Ed è per tutti questi motivi che, in un modo che suonerà alquanto impopolare (a tratti persino blasfemo) dalle parti di Monte Pellegrino, io oggi mi schiero dalla parte dei cugini tifosi del Catania, perché al di là degli sfottò e della rivalità sportiva, di tutti questi colpi inferti ad un calcio sempre più esautorato che non ha più alcun diritto di chiamarsi “gioco”, a farne le spese sono sempre i tifosi, appassionati di un business in cui di sportivo è rimasto ben poco. E a testimonianza di questa sconcertante realtà, la “normalità” con cui di volta in volta si risponde a questi scandali, quasi a dire, scrollando le spalle: “Tanto si sapeva”.

Nel frattempo ci si chiede come mai gli stadi siano sempre più vuoti, attribuendone la responsabilità ora alla crisi economica, ora alla condizione degli impianti, ora alle tv che offrono comode moviole direttamente sul divano di casa. Mentre la credibilità della quarta industria italiana viene costantemente messa in discussione da un manipolo di affaristi di varia natura. Ma è tutto normale, possiamo tranquillamente continuare a scrollarci le spalle.

Sonia Melilli (pubblicato su lapalermorosanero.eu) Seguimi su Twitter