Los Cafeteros ed El Tricolor fra il peccato e la redenzione
Articolo di Elisa Lo Piccolo

Una trasposizione musicale di Ivano Fossati ne “Italiani d’Argentina” fissava il concetto della contrapposizione fra una vita terrena, mondana e passionale – espressione di una sofferta quotidianità – ed una dimensione capace di trascendere dai limiti sensibili e di proiettarsi verso un El Dorado infinito e che segna la rinascita di un’esistenza fondata sul guadagno e sulla ristrutturazione di una legge fondata sul più forte.
In chiave dantesca, certo depurando la visione e riportandola all’alveolo cristiano, sussiste una continuità fra terra e cielo, violazione e beatificazione, fra “discese ardite” e le risalite suggerisce Battisti sulle note di un sentimentalismo disincantato. In effetti, in parte, molto si conquista o si consuma quaggiù e la via per la salvezza è già tracciata nell’immediato. Oltre si aspetta soltanto la glorificazione. Da Firenze a Buenos Aires, passando per Bogotà fino a Città del Messico, in queste ultime città figuriamoci se non sono superstiziosi in tal senso. A mediare ci sono solo alcuni italiani portatori di uno iato fra la religione e una cultura laica e che sperano nel riscatto di nazionali più “vicine”, dopo la mancata qualificazione degli azzurri. Nella fase a gironi, l'Argentina era chiamata una volta per tutte a saltare i sette cieli per giungere al cospetto del firmamento delle stelle fisse, dove ad attendere i “golpisti” agli ottavi, oltre ai soliti Neymar e Cristiano Ronaldo, c’era un certo galletto come Mbappè, il più giovane marcatore francese nella storia di un mondiale. Certo che però in Argentina, come il resto del mondo, ricordano il diciassette Pelè, che rispetto all’attaccante del Psg aveva tre anni in meno e fu capace di segnare al Galles e di fissare un record finora imbattuto.
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Nonostante le pressioni, l'albiceleste ha espugnato comunque la propria sorte battendo la Nigeria e staccando il biglietto per il match di sabato contro la Francia. Anche la Colombia, in una fase di maturazione complessa ha battuto l’ostacolo Senegal, un’altra squadriglia africana che ha saputo ben tenere in alto il nome del Continente che ad oggi detiene il più corposo patrimonio di fossili umani. E anche lì in cui si rintracciano i segni dell’evoluzione, nazionali come il Marocco e l’Egitto benché uscite dalla competizione tuttavia hanno trovato il personale compimento nella partecipazione e nell’esposizione dei propri gioielli come il giovane Hakimi, Benatia e Salah. Ma evidentemente tutto da soli questi non possono fare. Un pensiero che dovrebbe filtrare anche nell’ambiente frantumato dell’albiceleste che non sembra proprio la “nazionale del 2006” verrebbe da dire ai Thegiornalisti, ma ricorda invece quella di Prandelli del 2014 ora come ora.
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Per anticamera, è vero che la nazionale messicana è una tra le poche che va oltre i personalismi, ma parimenti a Mascherano e compagni continua invece a mistificare la propria identità vincendo all’esordio con la Germania e poi per ultimo perdendo malamente con la Svezia. El Tricolor al momento sembra accontentarsi però, di una sola identità quella di Rafa Marquez e non in virtù di una gaia circostanza. Il capitano infatti, omonimo del motociclista spagnolo, è stato registrato nella lista nera della Casa Bianca per presunti rapporti con i narcotrafficanti. Altro che redenzione.