Juve-Napoli, la sfida infinita

Juve-Napoli, la sfida infinita

“... andammo a giocare contro la Juve a Torino e gliene facemmo sei: sai che significa che una squadra del Sud gliene mette sei all’avvocato Agnelli?". In un'intervista, Diego Armando Maradona raccontava con enfasi (e anche con episodi mai accaduti) i suoi sette anni passati al Napoli, una storia quella del Pibe de Oro che si era fatta carne nella città partenopea, una carriera che si era nutrita di un'amore popolare incondizionato. Il profeta del calcio era riuscito a plasmare una materia indefinita, un insieme confuso di istinti e passioni, unificandoli in una forma nitida, verso un senso, una direzione: quel sogno proibito che da chimera era divenuto un miracolo, lo scudetto nel 1987 e nel '90. Un simbolo di redenzione per un "paradiso abitato da diavoli" scriveva Croce, l'emblema di un riscatto di un Sud che continuava la sua diaspora verso il Nord o addirittura verso l'estero; la finale con lo Stoccarda per esempio aveva ridato fulgore alle frange operaie emigrate. Non esisteva un confine, ma tutto era in tutto e non mancava nulla.
Le sfide con la Juve di Platini davano (e danno ancora oggi quando si incrociano gli stessi colori) ) vita ai contorni di una lotta di classe, di uno scontro tra un Nord industriale ed un Sud sempre marginalizzato.
Sabato la sfida scudetto. Ed è come se ricominciasse una lotta di classe.