Gioia infinita

Gioia infinita

Aria fresca, anche se il vento soffiava da sud. I fiati ansiosi di 33mila. Trentatremila. 

Luci al Barbera 

di quella sera

che c’è di strano?

C’è un’accozzaglia che si fa squadra. Un bisbiglio che diventa urlo. Un’idea che oggi è fatto. 

La domanda che un minuto dopo l’altro tutti ci siamo posti è: ma come è stato possibile? Ovvero: chi sono questi in maglia rosanero che calciano il pallone coscienti, consapevoli, presenti a se stessi? Da dove arrivano, se è vero che nei lunghissimi mesi che hanno preceduto questo trionfo sono stati parenti lontani di questi professionisti divertiti e determinati e così più forti del temibile avversario? 

Che succede? Che ci fa il capitano così distante dalla porta? Chi è quel danese in difesa? Dov’è il mediano che non ne ha saltata una? A quanto va quel treno sulla destra? Quando smetterà di correre il Dottore? E chi c’è in panchina, ad aver disegnato questi 90 minuti di assoluto dominio? 

Palermo-Sampdoria è stata la partita di tante domande. Di incredulità, di stupore, di sorpresa. E per qualcuno di conferme: c’era, strisciante e sibillina, la convinzione che sì, questa squadra avrebbe potuto dare di più, fare di meglio, andare oltre. C’era, silenziosa, la speranza di non assistere ad una vuota partecipazione. C’è la paura che non si ripeta. 

Ma, alla fine della giostra, quella del Barbera è stata una gioia infinita. E mancava da tanto, troppo tempo. Anche se parziale, provvisoria, certamente da confermare, quello stadio, questi tifosi, questa piazza ne avevano bisogno. 

Ora, prima del futuro, c’è il presente da sorseggiare lentamente. 

Ci siamo dentro. 

E non vogliamo uscirne.