Dragotto su Baccaglini: «Per me è una testa di legno»

In esclusiva, l'intervista all'imprenditore palermitano, che a marzo ha incontrato John Viola a New York.

Dragotto su Baccaglini: «Per me è una testa di legno»

Il 22 marzo scorso, Tommaso Dragotto ha incontrato John Viola a New York.

Incontro annunciato dall'imprenditore palermitano nel corso di un'intervista rilasciata ai nostri microfoni il 25 febbraio, due giorni prima delle dimissioni di Maurizio Zamparini, quando tra le ipotesi lanciate per l'acquisizione del Palermo c'era anche quella di una cordata di imprenditori locali, guidata da Dragotto, che si proponeva di agire sul modello dell'azionariato popolare.

 

Ipotesi suggestiva, ma presto messa da parte dall'annuncio del nuovo presidente, Paul Baccaglini, e della nuova proprietà, di cui a breve potremmo avere informazioni più dettagliate.

Per questo motivo «del Palermo non si può più parlare, è stato virtualmente comprato», ci dice Dragotto. E conferma che l'interesse di Viola c'è stato, «ma si doveva superare il padre, John era molto consenziente, ma il padre aveva dato il no assoluto».

E Viola non era il solo imprenditore italoamericano ad aver mostrato attenzioni per il Palermo. C'era anche Frank Cascio, che ha presentato un'offerta declinata da Zamparini. Tutti profili da accantonare con l'avvento di Baccaglini e della YW&F Global Limited?: «Non posso rispondere, perché qualsiasi risposta sarebbe una cosa campata in aria. Una cosa è certa: il signore tatuato non è il proprietario, è una testa di legno messa da qualcuno. Non credo nella private equity, non ha senso. La private equity investe in qualcosa, ma non al 100%, prendono il 40% circa e rivende dopo cinque o sei anni. Quindi ritengo fuori luogo un'operazione del genere. Sta diventando un imbroglio, perché non si capisce chi è la testa e la coda. Non ci può essere mai un anonimato, per ora è tutto un mistero. Gente molto accreditata dice che ci sia Zamparini dietro. Lo scopo finale è che l'ex presidente probabilmente si sia voluto tirare fuori, sotto una logica che è anche normale, per non avere una disfatta psicologica e materiale di un'immagine calpestata per aver fatto una campagna acquisti disastrosa. Quindi virtualmente vuole uscire, ma praticamente è lui. La certezza non c'è, ma quando due più due fa quattro...». 

 

Ma da quando ha assunto la carica di presidente del Palermo, Paul Baccaglini non è stato con le mani in mano. Ha incontrato le istituzioni, ha fatto visita ai luoghi e alla gente palermitana, ha dato un assaggio del potenziale del brand Palermo Calcio. Uno spot dell'operazione che il 30 aprile dovrebbe concludersi. E ha fatto visita anche a Sicindustria. Dragotto, però, esclude la possibilità di una collaborazione con gli imprenditori siciliani: «Non credo. Nell'ipotesi dell'azionariato popolare, gli imprenditori avrebbero partecipato mettendo due-trecento mila euro a testa, per raccogliere quattro o cinque milioni, e i tifosi avrebbero partecipato per il resto. Una campagna fatta per l'azionariato popolare poteva essere interessante, ma si tratta più di una questione di cuore per non far andare il Palermo in Lega Pro, perché obiettivamente i giocatori ci provano, ma la squadra è scarsa». 

 

Tra le priorità indicate da Baccaglini c'è la costruzione del nuovo stadio. Un investimento importante per la città, ma Dragotto tende ad escludere anche in questo caso un coinvolgimento dell'imprenditoria locale: «Confindustria aveva chiesto diverse cose, che non sono state mai concesse, non so per quali motivi. Avremmo voluto fare un acquario a Palermo, come a Genova o a Barcellona. Insomma, ci sono investimenti più utili e più creativi per la città. E poi come si fa a costruire uno stadio all'avanguardia con il Palermo in B? Ora gli stadi si fanno diversamente, sono dei centri commerciali. Può essere che la prefettura conceda un centro commerciale».