Verso Ternana-Palermo. Nel segno del «Profeta» Corrado Viciani
Con il «Maestro», i rossoverdi conquistarono la prima Serie A della propria storia; i rosa arrivarono in finale di Coppa Italia
Tutte le grandi rivoluzioni partono da un’idea, e la storia ci insegna che anche le idee più semplici, nel silenzio dei luoghi più umili, possono diventare rivoluzionarie.
Il ‘68 è stato l’anno che ha dato il via al decennio rivoluzionario per eccellenza, quegli anni Settanta che volevano dire ribellione e nuovo culto della bellezza.
Ma nel calcio la bellezza può dare e togliere. Tolse al giocatore più forte in circolazione, quel Best che riuscì ad esserlo per davvero solo nel magico ’68 in cui fece gioire la sponda rossa di Manchester; diede tanto invece a Johan Cruijff, “Pitagora in scarpe da calcio”, profeta del Grande Ajax e dell’Arancia Meccanica di Rinus Michels.
Mentre tutti nel grande palcoscenico del calcio europeo ammiravano la macchina michelsiana del “calcio totale”, a Terni, città umbra spiccatamente operaia, nasceva il “gioco corto” di Corrado Viciani.
L’allenatore recentemente scomparso costituisce una delle pagine più liete della storia del Palermo e probabilmente la più lieta della Ternana, prossimo avversario dei rosa. Uno dei paesi calcisticamente più restii ai cambiamenti ammirò infatti, nella stagione ‘71-‘72, la prima ed unica promozione in Serie A dei rossoverdi e, nel ‘73-‘74, vide i rosa raggiungere la finale di Coppa Italia persa poi contro il Bologna.
«Avevo degli asini come giocatori, non potevo permettermi lanci lunghi, invenzioni, fantasie. Bisognava correre, fare passaggetti facili facili, sovrapporsi»: con pressing alto, rapidi passaggi corti nello stretto, sovrapposizioni continue e tanto possesso Viciani portò in Italia la macchina olandese, e non poteva che farlo in una delle città più "cacciavite" del paese ammaliando i tifosi italiani senza aver bisogno di campioni o fuoriclasse.
Profeta, come lo fu Cruijff, nell’operaia Terni come la Manchester della working class, Viciani riuscì a prendere i dettami rivoluzionari dell’epoca e li adattò alle squadre che allenava, unendoli a tanta corsa e sacrificio. “Giocare a calcio è semplice, ma giocare un calcio semplice è la cosa più difficile”: era il credo da allenatore proprio di Johan, ad ulteriore dimostrazione di come, seppure Viciani non fosse Michels, ogni storia riesca ad intrecciarsi e a creare legami che forse, in fondo, nel calcio costituiscono una bellezza.
Quella bellezza che anziché togliere può dare tanto.