Mirri, non basta più parlare di «strisciate»

Mirri, non basta più parlare di «strisciate»

C’è più di qualcosa che stona nelle dichiarazioni di ieri pomeriggio di Dario Mirri all’evento organizzato dalla Lega Pro “Fate amicizia con Carlo” presso la Chiesa di San Francesco Saverio. Il presidente del Palermo ha detto chiaramente che “Quelli che guardano le partite da casa e che aspettano le strisciate (Juventus, Inter e Milan, ndr.), non hanno neanche il diritto di criticare”.

La logica del discorso è già di per sé piuttosto debole. Chi stabilisce i confini della critica? Quanto tifosi si deve essere per potere criticare? E soprattutto, è veramente possibile stabilire il grado di “tifosità”? Nel senso, se sei tifoso così puoi dire la tua, in senso contrario astieniti dal parlare. Non è esattamente democratico, se permettete. In un mondo ormai fortemente commercializzato come quello del calcio, è legittimo chiedersi se i “fans” dovranno comunque mantenere sempre intatta e sempre integra la loro fede: se un calciatore o un allenatore può cancellare il suo passato e passare ai rivali, se un presidente può vendere i pezzi pregiati della rosa e non rinforzare la squadra, perché un tifoso dovrà invece rispettare il suo credo sempre e comunque e non voltare mai le spalle.

Un altro punto, che è fondamentale. L’amore potrà essere più forte di tutto, ma il calcio è bello da seguirlo quando è grande calcio. Se il Palermo continuerà a fare la Serie C contro le Picerno e Andria di turno, sempre più persone si allontoneranno volenti o nolenti dal seguire la squadra. La base di tifosi e appassionati va mantenuta e se possibile allargata nel tempo, lo si fa con le vittorie, con le promozioni, con acquisti funzionali, altri d’impatto e magari un po’ ruffiani. Altrimenti restano i soli 5.000, che per sfortuna di tutte e tutti non sono immortali.

E allora non basta puntare il dito verso i “doppiofedisti”. A gennaio, il Catanzaro ha risposto con dei nuovi rinforzi, di prestigio, che le stanno garantendo il secondo posto. Il Palermo si è limitato a Felici e Damiani, non ha toccato la difesa, non ha risolto i contratti a scadenza (neanche uno!), non ha mai messo in dubbio le figure responsabili di quello che attualmente è un fallimento. E anche di più: è la mancata risposta ad una promessa, quella della promozione, fatta l’anno scorso dall’ad Sagramola. Tutte e tutti pecchiamo in amore, ma se mi tradisci ho il diritto di lasciarti.