E se salta Bruno Tedino?

Com’è possibile che una squadra che ha buonissime individualità riesca a non vincere due partite che sulla carta erano da dominare?

E se salta Bruno Tedino?

Che avessero ragione i disfattisti della prima ora?

Quelli che già dopo i primi tre mesi di campionato, quando il Palermo era in testa alla classifica, sostenevano l’ardua tesi che questa squadra, in fondo, non è niente di che; quelli che dal gioco macchinoso, spesso arrendevole, non di rado troppo timido, captavano i sintomi di una malattia lenta che avrebbe prima o poi lasciato i segni; insomma, quegli osservatori un po’ pessimisti, un po’ lamentosi, che in tempi insospettabili vedevano qualche meccanismo non ben oliato, se non difettoso, che dunque presto o tardi si sarebbe inceppato. Questione di tempo, si diceva.

 

Eppure, negli undici titolari – non nei ventidue, come afferma ogni venerdì in conferenza stampa il tecnico – il Palermo potrebbe non provare alcun tipo di invidia per le altre compagini di alta classifica.

Passi pure per Posavec, giovane ed inesperto ma presto accantonato in favore del veterano Pomini; passi anche per Szyminski, che certo il suo compitino lo fa sempre, ma non vai mai oltre.

Ma il telaio della formazione tipo rosanero è ben saldato ed individualmente valido.

 

PAGELLE: LA TIMIDEZZA DI TEDINO COSTA DUE PUNTI AL PALERMO

 

Oppure si può forse affermare che ci siano altre squadre a poter godere di un numero dieci come Coronado? O di un centravanti con la grinta di Nestorovski? Indubbio che il macedone non sia letale come in buona parte della scorsa stagione, né quello di inizio campionato, ma non ha certo perso il talento come i Looney Tunes in Space Jam. Anche perché non si realizzano troppi gol senza assist. E al netto dell’Empoli, con la coppia “Caporumma”, non si vedono in giro tanti cecchini all’altezza del capitano rosanero.

Nessun’altra squadra può contare su uno come Andrea Rispoli. E Gnahoré? Giovane, tecnicamente ancora da sgrezzare, sicuramente, ma dai piedi buoni e dalla stazza imponente. E Jajalo? Che nel 2018 sembra rinato. Poi Aleesami, trattenuto in estate, nascosto alle sirene della massima serie, dove qualcuno pure lo avrebbe accolto a braccia aperte; e i polacchi Murawski e Dawidowicz: fenomeni? No di certo, ma discreti gregari per la categoria.

 

SPORTITALIA: TEDINO VICINO ALL'ESONERO

 

Allora che succede? Com’è possibile che una squadra che ha buonissime individualità riesca a non vincere tra le mura amiche – anche con 10.000 persone il Barbera si fa sentire – due partite che sulla carta erano da dominare?

La risposta semplicistica sarebbe una e corrisponde ad un nome: Bruno Tedino.

Ma, per l’appunto, sarebbe troppo semplice. L’ex Pordenone, alla prima esperienza in Serie B, è stato capace di raccogliere i cocci di un vaso frantumato, più che rotto. Li ha rimessi insieme con la colla fornita dalla società e, tutto sommato, la riparazione ha tenuto botta. Altrimenti, il Palermo non occuperebbe ancora il secondo posto, non sarebbe in piena corsa per la promozione diretta, non giocherebbe spezzoni di partita da grande squadra.

 

Ma il punto è questo: non bastano venti minuti di corsa, scambi veloci, belle idee. Non basta fare un gol per ritirarsi nella speranza che, alla fine, gli avversari non riescano a rimontare.

Così contro la Cremonese: difendere l’1-0 per poi tornare a casa con un pugno di mosche.

A volte la squadra di Tedino sembra un pugile irrequieto: sa di essere in vantaggio ai punti e fa il conto delle riprese che mancano al gong, con la guardia alta che, però, un jab dopo l’altro finisce per aprirsi, sgretolarsi e lasciar passare la furia avversaria. La fortuna, in questo caso, è non andare al tappeto.

Se il problema non è atletico, come afferma Tedino, è mentale. Delle due l’una.

Ma siamo arrivati a sette partite dal traguardo e se la testa dei calciatori non è focalizzata adesso, ci sono proprio poche speranze che faccia progressi nella fase finale di un campionato che si poteva gestire da numeri uno. È arrivato un motivatore, ma la media punti è rimasta intatta. Si stenta. Ed ora potrebbe non bastare il tempo a disposizione per risalire la china.

Il cambio in cabina di regia – per la verità fin qui una semplice indiscrezione – potrebbe avere due effetti: modificare l’assetto tattico rilanciando le motivazioni, con i risultati sperati, oppure far cadere nuovamente quel vaso, con lo spauracchio della lotteria dei playoff.

Chi ha il potere di decidere si prenderà questo rischio?