Un work in progress: che non finisca mai
Un cantiere ancora aperto, forse sì: ma tutto lascia pensare che i lavori siano ormai ai dettagli. Un perfezionamento in corso, dopo tanto olio di gomito da parte di tutti: la Società, brava e coraggiosa prima a tenere saldo il timone nei momenti di bufera, poi ad investire con metodo e denaro nella campagna acquisti invernale; l'allenatore, tenace e imperturbabile quando l'ambiente compatto ne chiedeva la testa; il gruppo, che grazie al lavoro di ciascuno, è diventatato squadra.
Tutt'altro che scontato: sono passati settanta giorni dall'ennesima caduta rovinosa, contro il Venezia, dentro un Renzo Barbera lontanto parente di quello ammirato domenica contro Inzaghi. Due mesi e un po' in cui il Palermo ha saputo pazientemente raccogliere uno dopo l'altro i frutti di un percorso nato male e cresciuto tra mille difficoltà: ma le spie di una piccola luce in fondo al tunnel c'erano già quando non si riusciva a fare gol in casa contro un modesto Como, e tre giorni dopo nel gelo di Ferrara, bloccati da una Spal certamente non irresistibile. I segnali c'erano e si manifestavano in una nuova mentalità, più fluida nella metà campo avversaria, più attenta dalle parti di Pigliacelli.
E certo era solo l'inizio di una maturazione che oggi cerca il proprio apice, da non tradurre nell'infallibilità che dentro questa categoria imprevedibile e infame è più unica che rara, ma piuttosto nella consapevolezza dei propri mezzi e nella costante ricerca di nuova linfa anche quando le cose non andranno bene. Un work in progress: che non finisca mai. È un auspicio, ora che la quota salvezza è così vicina e, soprattutto, sembra che si possa dare del tu alle zone nobili della classifica.