Tabula rasa

Tabula rasa

TABULA RASA

di Manuel Mannino

Competenza. Ripartire, subito, da un concetto che nel calcio, come spesso nella vita, è imprescindibile per raggiungere gli obiettivi. 

La competenza è quella cosa che, in questo sport, accende la grande disponibilità economica. 

Ovvero: non conta quanti soldi siano nella tua disponibilità, conta come li spendi. 

Al termine di questa stagione in (poco) chiaro (tanto) scuro, questo resta a galla: che il Palermo già da domani deve cambiare rotta a partire dai ruoli decisionali. Perché pur con un budget quantomeno discreto, sebbene con il conforto di una struttura societaria solida, pronta, preparata, chi ha avuto carta bianca sul piano operativo non ha saputo sfruttare gli strumenti messi a disposizione. A partire dalla decisa e convintissima conferma di Eugenio Corini dopo la scorsa stagione, che certo qualche dubbio aveva lasciato ai più. E poi giù, a cascata, le scelte operate sul calciomercato estivo, il più importante, che da un lato ha sì rinforzato l’organico, ma non abbastanza da cancellare lacune e difetti e mancanze che questa squadra si trascina da due lunghi anni. 

Si è puntato sulla scelta facile dell’usato sicuro: gente che solo per il fatto di aver appena vinto il campionato di Serie B avrebbe dovuto certamente replicarsi, in un mix che ha visto, insieme ai “veterani” della categoria, dei giovani o giovanissimi tutti da scoprire. Sarà anche grazie al classico e puntuale senno di poi, ma oggi possiamo dire che quella sia stata una scommessa e nulla di più. Con due aggravanti decisive: che a gennaio, nella cosiddetta campagna acquisti di riparazione, si è riparato solo parzialmente; che il cambio di guida tecnica sia arrivato con almeno tre mesi di ritardo. Anche qui: una scommessa, un tentativo, una speranza oltre la razionalità.

Ma per ognuno che sceglie, c’è qualcuno che è scelto. Ed è un buon esercizio non dimenticare che alla fine della giostra è proprio chi scende in campo a determinare la differenza tra una sconfitta e una umiliazione. Per questo, al netto di ogni legittima critica sulle guide tecniche che hanno condizionato questa stagione, vale la pena soffermarsi più di un attimo su chi ha sudato a malapena la maglia rosanero.  Magari aiutato, spinto, deresponsabilizzato dalle critiche a senso unico dirette all’allenatore di turno, o alla Società, e quasi mai a chi con un calcio al pallone avrebbe potuto cambiare le sorti di questo campionato. 

Non sono pochi, purtroppo, i rosanero che hanno deluso anche le minime aspettative. I portieri, entrambi protagonisti, seppur con tempi e opportunità diverse, di errori dal prezzo troppo alto: i gol da fuori area hanno sfiorato la doppia cifra, roba da far vedere alle scuole calcio. La retroguardia, persino peggiore di quella che l’anno scorso ha determinato in parte il deludente nono posto: passi l’errore, sporadico o costante, di chi ha meno esperienza, non quello decisivo, nella partita più importante, con oltre 30mila a sperare seduti al Barbera, di chi avrebbe dovuto tenere alta la bandiera; il centrocampo, da tanti definito il migliore della categoria, che nel suo insieme, e non nei singoli, ha in realtà disatteso l’etichetta frettolosamente affibbiata, vittima di cortocircuiti tattici e di scelte tecniche francamente incomprensibili; l’attacco, pure uno dei migliori in termini realizzativi della categoria, che non riesce a produrre un solo gol nei decisivi 180 minuti della semifinale playoff, e che per bocca del suo miglior esponente accusa la piazza di una presunta eccessiva pressione.

Allora la competenza, la preparazione, l’esperienza: a luglio da qui si deve ripartire. 

Perché non ci sono altre strade se si vuole imporsi come squadra da battere nella stagione che verrà. Perché nel prossimo campionato non sono ammessi errori. 

Perché Palermo ha risposto presente ed è il momento che il Palermo ne sia all’altezza.