Eravamo io, tu e la testa di Igor Budan

Un fotogramma, in gergo cinematografico, è una immagine estratta da una pellicola e dalla quale viene prodotta una diapositiva. Se usciamo un attimo dalla sfera del cinema, tuttavia, ci rendiamo conto che il nostro cervello mentre guardiamo qualcosa “estrae” continuamente fotogrammi che vengono immagazzinati, poi, come ricordi.
Se isoliamo il rigore di Fabio Grosso contro la Francia al momento esatto nel quale impatta il pallone si producono due possibili esiti. Da un lato alzare la Coppa del Mondo, gioire e festeggiare per settimane, dall’altro rivivere la disperazione di quello del Divin Codino a Pasadena. Anche lì un fotogramma che crea un effetto sliding doors, due esiti distinti e due universi paralleli.
Anche quel 9 maggio di dieci anni fa un fotogramma, quello di Igor Budan che impatta il pallone di testa davanti alla porta lasciata sguarnita da Storari, poteva dare due esiti distinti: la gloria o la disfatta. E l’esito ci racconta che dopo quel match, quel aut aut nel quale il Palermo aveva dominato, svanì il sogno Champions League.
“Chissà cosa sarebbe successo se a Pasadena Baggio avesse segnato quel rigore…”.
“Chissà quanto saremmo stadi di merda se Grosso avesse sbagliato contro la Francia…”.
“Chissà cosa sarebbe successo se Budan avesse segnato contro la Sampdoria…”.
L’universo della gloria e l’universo del rimpianto, del “cosa sarebbe successo se…”.
In fondo l’amarcord è proprio questo: nostalgia di un passato glorioso e rimembranze di nefaste melancolie. Ma la bellezza dell’amarcord sta nel fatto che un fotogramma alla fine ritorna sempre da dove veniva, da una pellicola dove non esistono sliding doors o universi paralleli ma solo un unico quadro generale.
“...certo però che eravamo davvero forti”.
Già, quel Palermo era davvero forte.
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