A.A.A Motivazioni Cercasi
di Andrea Bosco
Tralasciando qualsiasi forma di sentimentalismo, risulta difficile trovare uno stimolo maggiore nella carriera di un giocatore che affronta il campionato di serie B della prospettiva di lasciarsi frastornare da un boato sismico di oltre 30 000 persone, di trasformare una città intera in un tripudio festante. Indossare la maglia del Palermo è una sfida pregna di responsabilità, e questo ce lo ha raccontato la storia, anche quella più recente, quando il peso di una piazza di simile portata è risultato spesso fatale per il rendimento di certi calciatori. E questo non significa peccare di superbia, ma voler chiarire quale tipo di carattere sia fondamentale per reggere l'onda d'urto di un ambiente che è capace di travalicare i confini umani e portare in spalla una squadra direttamente sul monte Olimpo.
Per questo sembra paradossale che, tra confusione tattica e spossatezza fisica, emerga la perenne sensazione di non percepire nello spirito dei giocatori del Palermo quell'ardore necessario per ripagare una tifoseria irriducibile. Un ardore fatto di oneri e coscienza, quella tanto cara a mister Baldini, che invitava la sua squadra ad avere piena consapevolezza del valore di una divisa dai colori tanto evocativi da custodire l'identità di una terra. Un ardore che basterebbe da solo ad ammorbidire, anche solo in parte, il boccone amaro e duro che da tempo i tifosi si ritrovano a deglutire giornata dopo giornata.
In fondo possiamo dirlo senza timore che qualcuno si possa offendere, la storia del Palermo Calcio è narrativamente commovente in molti suoi scorci, ma di trionfi effettivi è abbastanza scarna; un aspetto che però non ha mai rappresentato motivo di vergogna o rimpianto per generazioni di appassionati. Certo, la Coppa Italia del '74 grida ancora vendetta, i 40 000 di Roma avrebbero meritato un epilogo diverso e tutti stiamo ancora aspettando che quel colpo di testa di Budan gonfi la rete. Ma non è mai stato questo il fulcro della questione. Tra le formazioni più amate e ricordate ce ne sono numerose che spesso finivano per navigare ingloriosamente nelle serie minori, ma erano in grado di scaldare i cuori spremendosi fino all'ultimo goccia di energia pur di vedere quella gente gioire. Che il risultato fosse benevolo o meno era un fattore secondario.
La rosa costruita in estate è altamente competitiva e all'altezza delle posizioni che stanno via via allontanandosi dalla portata del Palermo. Ed è il motivo che forse più di tutti porta a restare sbigottiti assistendo a certe prestazioni. Al di là di ogni peccato della guida tecnica e dell'immobilismo comunicativo dei vertici dirigenziali, è doveroso responsabilizzare i calciatori che di fatto sono i protagonisti delle partite, senza concedere troppi alibi per fattori esterni che sicuramente incidono, ma fino a un certo punto. Perché in passato ci sono state rose alle prese con questioni extra-campo veramente critiche, ma che ,tra inciampi e involuzioni, non hanno mai raggiunto certe vette di inconcepibile bruttezza calcistica.
Il campionato è ancora ben lontano dal definirsi concluso, nonostante le distanze dal vertice si stiano rapidamente ampliando, e questo sport ha sempre messo a dura prova il nostro equilibrio psico-emotivo con le sue virate inattese. Eugenio Corini potrà essere considerato la causa suprema di ogni male, e probabilmente detiene le quote di maggioranza di questo deludente patrimonio, ma i calciatori del Palermo, proprio per quel valore che hanno mostrato in passato, hanno il dovere di contribuire attivamente a un gioco a cui hanno scelto di partecipare e che va onorato con coscienza e carattere fino al suo completamento. Quella cartolina da brividi del settore ospiti di Modena non è stata stracciata. È solo riposta in un cassetto, in attesa che un sussulto, umano prima che sportivo, possa renderla una delle tante in un album da consegnare agli annali