Lettera ad un portiere mai nato

Poche parole dirette ad un ragazzo che è all'inizio della carriera e rischia già di bruciare tutte le chance a disposizione

Lettera ad un portiere mai nato

Hai diciannove anni e stai imparando il mestiere infingardo del portiere. Giochi in Croazia, la tua patria, nella squadra della città di Zaprešić, a 85 chilometri da Varaždin, dove sei nato e cresciuto. E già quella breve distanza deve sembrarti parecchio più ampia di quanto in effetti sia. Perché sei un ragazzino.

 

Poi arriva una telefonata dal Sud Italia. “Josip Posavec, è il Palermo che chiama”, società che milita nella massima competizione nazionale, la Serie A, quella che da piccolo ti faceva strizzare gli occhi alla vista dei grandi campioni, quella delle sette sorelle, quella di Totti e di Del Piero e di Roberto Baggio. Dall’altro lato della cornetta c’è tale Maurizio Zamparini, il patron. Sta per acquistare il tuo cartellino per poche centinaia di migliaia di euro. Devi sentirti felice ed al contempo preoccupato: è il salto, il trampolino per una carriera più grande della modesta dimensione in cui sei immerso. Pensi: vado per crescere in un contesto nuovo, difficile, in qualche misura di un certo blasone. Pensi: ho collezionato appena 25 presenze, subendo pure 35 gol, non è tra le ipotesi un mio impiego da titolare così presto, senza alcuna esperienza e per giunta per sostituire il capitano e veterano Sorrentino.

Dunque, accetti, fai la valigia e parti.

 

Ma nessuno ti ha spiegato come (non) funzionano le cose a Palermo e dopo una sola presenza ti trovi in pole position per il ruolo di primo portiere della nuova stagione. Anzi, non si sono svolte nemmeno le qualifiche: sei già il numero uno rosanero.

Così arrivano i primi errori, i secondi errori, i terzi e i quarti. Arrivano le papere e i fischi e le sconfitte. Si alternano millemila allenatori, ma tu sei sempre là, ultimo difensore tra due pali e una traversa, e nessuno in società mette in dubbio le tue capacità, né la tua preparazione, né, evidentemente, la tua breve esperienza. Sei sempre là, ultimo baluardo e primo obiettivo nel mirino dei tifosi. E finisci il campionato con la media quasi perfetta di 2 gol subiti a partita: retrocessione, depressione della piazza, fischi dalle curve e offese sui social.

Un quadretto niente male, ma non l’avevi immaginato proprio così. Forse speravi di vivere una normalità che a te pareva cosa ovvia, scontata.

 

>>Scelte sbagliate, sicurezze che vacillano, la testa dov'è?<<

 

E va beh, poco male, anche la società avrà imparato dai propri errori e per il rognoso ed interminabile campionato di Serie B prenderà un portiere esperto, affidabile. Infatti arriva Pomini. E tu, che hai poco più della metà degli anni del nuovo arrivo e forse un decimo del bagaglio di esperienze accumulato dall’ex Sassuolo, forse adesso potrai tornare in panca e pensare solamente alla tua crescita professionale. Vedi il nuovo vecchio portiere sempre pronto quando viene chiamato in causa e cresce la convinzione che le gerarchie siano ancora cosa buona e giusta.

No, la società ha proprio deciso di bruciare la tua carriera sul nascere: il titolare sei ancora tu, solo tu, sempre tu. E via, di nuovo i primi errori, i secondi, eccetera eccetera. Di nuovo i fischi, le offese. Di nuovo l’incubo che sembrava finito e invece è ancora qua. E magari non vedi l’ora di cambiare aria, prima che sia troppo tardi.

 

Ora, Posavec, ti si possono rimproverare tante di quelle cose che a farne un elenco potrebbe non bastare l’inchiostro di un intero set di penne.

Ma c’è un solo colpevole, un solo responsabile dei tanti punti persi, dei troppi gol presi e delle difficoltà di un ragazzino che aveva accolto Palermo come una opportunità.

E non sei tu.