Da Cremona a Palermo, Favalli la bandiera rosanero

Simbolo di un calcio che non c'è più

Da Cremona a Palermo, Favalli la bandiera rosanero

Uno dei protagonisti assoluti nella storia della Cremonese e del Palermo Calcio è stato certamente Erminio Favalli. Ex giocatore e dirigente di entrambe le squadre, Favalli cominciò la sua carriera all’inizio degli anni ‘60 a Cremona,  sua città natale. Acquistato dall’Inter nel 1964, dopo un breve passaggio nel Foggia, approdò alla Juventus, dove rimase per 4 stagioni, conquistando con i bianconeri i titoli di campione d'Italia, d'Europa e del mondo. Dopo aver conseguito una promozione in serie A con il Foggia nel 1971 arrivò a Palermo, a volerlo fortemente fu Ninetto De Grandi. Capitano indimenticato, in rosanero rimase per 6 stagioni diventando ben presto uno degli idoli della tifoseria palermitana.

 

ITALIA «ALLA VENTURA»: MONDIALE A RISCHIO

 

Scattante e molto istintivo, Favalli ricopriva in campo il ruolo di ala destra. Punto di riferimento imprescindibile per i compagni, il suo carattere battagliero lo portava spesso a far “casino al momento giusto”, come lui stesso amava ricordare. Con la maglia rosanero ottenne una promozione in serie A nel 1972 e la finale di Coppa Italia giocata a Roma il 23 maggio 1974 contro il Bologna. Chiuse la sua carriera di calciatore a Palermo nel 1978, iniziando da lì il suo percorso da dirigente. Nel 1980, dopo l’esonero di Veneranda, assunse temporaneamente il ruolo di allenatore, guidando i rosanero ad una storica vittoria contro il Milan per 3 a 1.

 

LA RASSEGNA STAMPA DI SABATO 11 NOVEMBRE


Chiamato dal Presidente della Cremonese Domenico Luzzara, nel 1982 tornò come Direttore sportivo nella sua città. Sotto la sua guida la squadra grigiorossa riuscì a risalire dalla serie C alla A. A Favalli va il merito di aver lanciato nel calcio italiano talenti come Gianluca Vialli, Attilio Lombardo e Giuseppe Favalli.
La sua morte prematura, avvenuta il 18 aprile del 2008, lasciò attoniti e sgomenti oltre che i tifosi di Palermo e Cremonese, anche tutti gli addetti ai lavori.  La sua figura carismatica, la sua generosità e la sua umanità contribuirono a renderlo l’icona di un calcio che non c’è più.


Molto forte il suo legame con Palermo: “ Qui  - diceva - sono migliorato come uomo, ho conosciuto persone eccezionali come Barbera e qui ho lasciato un pezzo di cuore”.