Zeman a ForzaPalermo: «Tornare? Forse le società si spaventano»

Zeman a ForzaPalermo: «Tornare? Forse le società si spaventano»

 

Esiste il mondo del calcio con le sue regole, i suoi precetti e il suo moto. In un emisfero parallelo – indipendente da tutto il resto, a se stante – c’è l’universo di Zdeněk Zeman.

Una realtà paranormale - in cui il calcio viene “visto oltre” – quasi oracolare e non razionale che spesso si rifà quasi ad una dimensione onirica. Un visionario, un sognatore in grado di rendere reale un’utopia.

 

Abbiamo raggiunto telefonicamente il tecnico boemo e – ringraziandolo per la sua collaborazione, competenza e simpatia – questo è il risultato di una meravigliosa chiacchierata.

 

C’era una volta Zemanlandia

 

Iniziamo dai primi passi in Sicilia.

«E’ vero, ho iniziato nel settore giovanile del Palermo dove ho fatto nove anni. Poi la società non ha creduto più nel settore giovanile anche se – in quel periodo – nove, dieci ragazzi sono stati utilizzati in prima squadra».

 

Che ricordi ha di Palermo?

«Ho vissuto tanti anni nel capoluogo siciliano, sono rimasto legato. Sono stato molto vicino a sedere sulla panchina rosanero, mi pare nel 1982. Purtroppo ero squalificato per una partita con la Primavera e quindi non

sono potuto andare, così hanno scelto un altro allenatore».

 

Gli anni a Foggia, nasce Zemanlandia.

«A Foggia abbiamo fatto bene grazie alla società che ha lasciato lavorare me e il direttore sportivo. Abbiamo scelto ragazzi giovani di prospettiva: il primo anno è stato sofferto, però il secondo – con i ragazzi che avevano fatto esperienza e acquisito certe esperienze – abbiamo vinto il campionato di serie B».

 

• DA PALERMO A FOGGIA: BENVENUTI A ZEMANLANDIA

 

Poi che cosa è successo?

«In A c’era grande motivazione per fare bene. Purtroppo dopo la prima stagione nella massima serie la squadra è stata smembrata perché nel calcio contano i soldi. Siamo ripartiti da capo, con ragazzi che provenivano dall’interregionale o dalla serie C. Nonostante questo hanno dato tutto e mi hanno seguito perfettamente: infatti abbiamo disputato due buone stagioni».

 

Com’è cambiato il calcio in questi anni?

«Rispetto a quando ho iniziato il mondo del calcio è cambiato. Sia in senso positivo, sia in negativo: attualmente quello che manca di più alle società e ai calciatori è la passione. Molte volte quello che fanno sembra

fatto quasi perché lo devono fare: una volta c’era la passione, ai giocatori piaceva giocare a calcio. Oggi calciatori e società pensano di più al business che a formare una squadra con un futuro».

 

Quindi?

«E’ un po’ più difficile lavorare. Per me il calcio è sport: ci vuole la voglia di migliorarsi sul campo ogni giorno in allenamento e questo – negli ultimi tempi – mi mancava».

 

In definitiva, sarebbe pronto a tornare in panchina?

«Bisognerebbe fare delle valutazioni. Io sono pronto ad allenare, però non sono pronte le società: forse si spaventano che li faccio lavorare (sorride ndr)».

 

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