Il miracolo non c'è stato

Il miracolo non c'è stato

 

Bene ma non benissimo. Frase tormentone degli ultimi anni che può riassumere in maniera eloquente il mercato estivo fatto da Rino Foschi.

Il leitmotiv di questa sessione di calciomercato è stato uno soltanto: “sliding doors”. Per un giocatore che esce ne entra uno nuovo, soldi non ce ne stanno e quindi si deve fare di necessità virtù, con tanti “scontenti” da accontentare e una squadra da costruire per riprovare la scalata verso la Serie A.

 

Guardando alle entrate il Palermo ha ceduto La Gumina per 9 milioni, Coronado per 6 e Gnahoré per circa 3, arrivando ad un totale di quasi 20 milioni di entrate, di poco sotto i 25 prefissati. Al posto del centravanti palermitano è arrivato Puscas, per Coronado è arrivato Falletti e Gnahoré è stato sostituito dal giovane Haas, in più via Posavec, mandato a farsi le ossa altrove, dentro Brignoli; per uno che esce uno che entra, e fin qui il lavoro di Foschi ha effettivamente rispettato le aspettative. Mister Tedino, per poter passare al prediletto modulo con la difesa a 4, aveva chiesto dei terzini di ruolo e Foschi ha portato Salvi e Mazzotta, due garanzie per il torneo cadetto. Senza soldi difficile immaginare chi avrebbe potuto fare di meglio.

 

Il problema è un altro. Sul fronte cessioni il “si vende ma non si regala” del ds era più che giusto, ma forse tirare troppo la cinghia non ha portato ai risultati sperati. Giocando troppo col fuoco sono saltate anche operazioni in entrata come quella per Dawidowicz o quella per Clemenza, per due giorni dato per fatto e poi finito altrove. Non si può sapere se veri acquirenti per i vari Struna, Rispoli, Aleesami e Nestorovski ci siano effettivamente stati, ma adesso molti di questi dovranno giocare con una certa continuità per poter attirare l’attenzione di potenziali squadre per la finestra di gennaio. Inoltre, con i tanti ingaggi onerosi difficili da spalmare, la spending review societaria rischia di fare un bel buco nell’acqua.

 

In sostanza, il vero “errore” di Foschi probabilmente è stato l’aver tirato troppo la corda specialmente sul fronte cessioni, lasciando a Tedino una patata bollente che impedisce, tra l'altro, di poter valutare bene giocatori come Salvi e Mazzotta, presi per giocare in un modulo che adesso non verrà più usato. In palio c’è la Serie A, la squadra potenzialmente c’è ed era davvero difficile, considerate le premesse iniziali, chiedere all’ex ds del Cesena di poter fare molto meglio di così.

Si era chiesto a San Rino di fare il miracolo e purtroppo non è arrivato: bene, ma non benissimo.