Roberto Boscaglia è la cura, non il male

A due giornate dal giro di boa del campionato di Serie C il Palermo ha chiaramente sorpreso in negativo con un decimo posto che non rispecchia le reali aspettative della vigilia. A finire sul banco degli imputati anche Roberto Boscaglia, accusato da una nutrita frangia del tifo nostrano di ostruzionismo, di non adattare il modulo alla rosa a disposizione “impuntandosi” sul 4-2-3-1 e di non tener conto di determinati giocatori presenti in squadra nonostante abbiano precise caratteristiche potenzialmente utili.

 

Ogni modulo ha dei punti forti e dei punti deboli, nel 4-2-3-1 ad esempio la presenza di un uomo in meno in mezzo al campo può creare difficoltà ai mediani in fase di impostazione della manovra e inferiorità numerica in fase di ripartenze veloci. Ogni allenatore, tuttavia, ha dei principi di gioco imprescindibili che esulano dai moduli e dagli interpreti e che spiegano ogni scelta alle volte anche particolarmente audace. Uno su tutti: prima l’ampiezza, poi la profondità. Il credo calcistico di Boscaglia si basa su un’attitudine propositiva e sul gioco veloce che trasformano il concetto “statico” del modulo in dinamismo puro.

 

E’ tutto un gioco di equilibri. L’assenza del “regista” a centrocampo, per fare un esempio, è dettata dal fatto che la cabina di regia è affidata al difensore centrale che deve essere sempre il primo ad impostare la manovra. Per il tecnico di Gela non esiste passare il pallone indietro, si va avanti e questo compito ce l’ha proprio il difensore che, in possesso palla, deve salire portando palla fino alla propria trequarti per conquistare la superiorità o quantomeno la parità numerica a centrocampo.

 

Conquistata la zona forte in mezzo, grazie anche all’apporto dei terzini che giocano oltre la mediana avversaria, il gioco si sviluppa tutto sugli esterni dove diventa fondamentale il doppio uomo, anche qui per creare superiorità insieme ad un centrocampista che sale a supporto e l’altro che rimane in copertura. A quel punto scatta la profondità: il mediano fa la punta, i terzini con la sovrapposizione esterna si trasformano in ali, ogni azione ha in potenza almeno 3-4 soluzioni offensive differenti e della concezione statica di 4-2-3-1 rimane ben poco. In fase di non possesso, specialmente in caso di ripartenze veloci, possono e sono sorte difficoltà perché ci vuole rapidità di ripiegamento e pressing alto per stoppare le azioni sul nascere e non dare agli avversari la possibilità di sfruttare eventuali buchi. 

 

Al netto dei dati inconfutabili e dell’evidenza che qualcosa ancora non funziona come dovrebbe, stando all’idea di calcio del tecnico la mancanza di una condizione fisica ottimale si sente eccome. Dinamismo è la parola chiave del gioco di Boscaglia che per funzionare appieno necessita tanta corsa, abnegazione e una certa dose di sfrontatezza che possono arrivare solo con due requisiti fondamentali: condizione fisica ottimale e, effetto consequenziale del primo, sicurezza nei propri mezzi. Dinamismo è anche la parola chiave per capire come mai giocano alcuni giocatori a scapito di altri, magari meno completi e più in difficoltà a seguire le indicazioni tattiche certosine e i ritmi serrati del tecnico ex Trapani.

 

La conclusione diventa una e per il tifoso palermitano è la più difficile da digerire: ci vuole pazienza. Il calcio di Roberto Boscaglia deve funzionare come una macchina perfetta e di fronte a mille difficoltà il mister di Gela non è ancora riuscito a plasmare la squadra a sua immagine e somiglianza. L'effetto che si vede in campo, al momento, è confusione in fase offensiva e nella scelta dell'ultima giocata e ancora qualche errore di troppo nelle dinamiche difensive a livello di posizionamento e di vere e proprie amnesie a volte pagate a caro prezzo. 

 

L’allenatore rosanero, checché ne dicano i risultati offerti dalla squadra finora, a livello tattico è a dir poco maniacale e studia nel dettaglio ogni possibile variante in base agli avversari e agli uomini a disposizione. Chiaramente sbaglia come tutti, a livello di lettura di gara ad esempio alle volte sono emerse non poche perplessità ma Roberto Boscaglia è un tecnico tutt’altro che ostruzionista, piuttosto è uno che osa e non smetterà mai di osare e questo non dipende dal modulo o dagli interpreti ma dai suoi principi di gioco che per ogni allenatore sono e saranno sempre sacri. Il campo alla fine è e sarà sempre l’eterno giudice, l’unico che potrà dire se il Palermo di Boscaglia sboccerà, seppur in ritardo, con il tempo rivelandosi una scommessa vinta o se i problemi sono davvero altrove.


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