Locat, Mepal, Alyssa: la cessione del marchio del Palermo

Locat, Mepal, Alyssa: la cessione del marchio del Palermo

 

«Il bilancio della Mepal sono due righe, la Mepal ha dentro solo il marchio e non fa un caz... non c’ha nessuna attività, è una società morta che io ho creato apposta. Noi abbiamo ottimizzato la vendita della Mepal per sistemare il bilancio con le perdite».

Il patron rosanero Maurizio Zamparini parlava con l'allora executive manager del Palermo, Antonio Baiguera, durante una telefonata intercettata dai pm e resa pubblica questa mattina sulle pagine del Giornale di Sicilia.

 

L'ex presidente lo spiegava in chiava semplicistica, ma molto efficace: una società morta che ha dentro solo il marchio.

Una pratica, quella della cessione del marchio, non inedita nel palcoscenico calcistico italiano. Hanno ottimizzato il bilancio tramite questo mezzo diverse società: dalle big Milan, Roma, Lazio, alle piccole Reggina, Brescia, Hellas Verona.

 

Ma in cosa consiste e cosa comporta la cessione del marchio di un club calcistico ad un'altra società?

Lo spiegava il noto giornalista Marco Bellinazzo in un articolo dal titolo "Dal Milan al Genoa, in Serie A le “cessioni” dei marchi valgono oltre 600 milioni", pubblicato su Il Sole 24 Ore il 12 febbraio 2014.

 

«La cessione del marchio è stata "importata" nella Serie A dalla metà degli anni Duemila - scrive Bellinazzo - Finita l’epoca d’oro delle super plusvalenze, e con la necessità di mettere a posto i bilanci, specie dopo l’intervento della Ue che ha ridotto da 10 a 5 anni lo spazio in cui realizzare svalutazioni e ammortamenti in base alla legge spalma debiti del 2003, il calcio italiano si è finanziato con questo meccanismo con operazioni il cui valore contabile ha superato i 600 milioni di euro».

Non una semplice vendita, o un riaffitto del marchio, al quale, si legge, «oggi si preferisce la formazione di una nuova società cui si conferisce il ramo d’azienda legato allo sfruttamento del brand, come nel caso del Genoa».

 

C'è una formula "classica", un modello tradizionale di compravendita del marchio. Scrive Bellinazzo: «Il brand viene venduto a una società collegata al club calcistico, il quale incassa un certo corrispettivo subito, in modo da poter aggiustare i conti e “riaffitta” contestualmente il marchio dalla società per poterlo sfruttare commercialmente, pagando un canone periodico. I soldi che la società collegata versa al club calcistico per comprare il marchio vengono di solito da un prestito bancario. La società cessionaria del marchio quindi si trova a pagare a sua volta ogni anno alla banca le rate per estinguere il prestito (quota capitale più gli interessi che sono leggermente più bassi del canone di lacazione versato dal club calcistico). In definitiva, il giro di denaro non è altro che un prestito bancario “mascherato” che consente al club calcistico in difficoltà di incassare subito una somma importante, spalmando il rosso in più esercizi attraverso il riaffitto del suo brand».

 

Il giornalista de Il Sole 24 Ore porta alcuni esempi: «Il Milan ha concluso un trasferimento parziale del proprio marchio a Milan Entertainment srl nel settembre del 2005 per circa 180 milioni. A dicembre 2005 l’Inter ha scorporato il marchio cedendolo a una società controllata, la Inter Brand Srl, per 158 milioni. A finanziare l’operazione, con 120 milioni, è stata Banca Antonveneta».

Trucchi contabili, o operazioni del tutto legali? «La Covisoc, l’organo di controllo del settore, aveva sollevato all’epoca qualche obiezione - scrive Bellinazzo - poi rientrata a patto che la valutazione del brand fosse basata su una perizia autorevole. Lo stesso Fisco dopo un’attenta analisi ha escluso forme di elusione a patto che ci sia la prova dell’effettiva reddititivà dell’operazione».

 

Tornado al Palermo, però, le cose sono diverse: l'ex presidente Zamparini, attraverso varie formule, ha ceduto il marchio del Palermo per ben tre volte facendo emergere benefici finanziari per quasi 70 milioni. Ripercorre le tappe ancora Bellinazzo su Goal.com.

Il 6 novembre 2006 Zamparini fa cassa con la cessione del marchio alla Locat, una società del gruppo Unicredit, in seguito ad una perizia giurata di un esperto che lo valuta 30 milioni, e contestualmente lo riacquista con un leasing per poterlo sfruttare commercialmente e appropriarsi dei ricavi stagionali. Il patron rosanero versa a Unicredit una rata di 9 milioni e nelle casse del club restino 21 milioni, impegnandosi a pagare 107 canoni mensili da 242.145 euro a un interesse del 5,17% e 300mila per il riscatto finale alla Locat: plusvalenza di 30 milioni spalmata su nove anni a partire dal bilancio consolidato del 2007. 

Secondo round: il 26 giugno 2014, prima che scadano i nove anni, il club conferisce alla società controllata Mepal Srl il ramo d’azienda costituito dall’attività di diffusione, sviluppo e valorizzazione del marchio Palermo calcio e dell’attività di produzione e vendita dei prodotti del merchandising. Vengono conferiti alla Mepal il contratto di locazione finanziaria stipulato con la Locat (ora Unicredit Leasing Spa) il piano di merchandising e i contratti di licenza stipulati con le società Flash trading group Srl e Swan Co Srl, oltre a computer, arredi e impianti per un valore complessivo di 17 milioni. 

Terzo round: «Dopo due 'giri di ruota', dal marchio Palermo è stato già estratto un valore di 47 milioni. E non è finita. Nel giugno 2016 - si legge su Goal.com in un articolo firmato dallo stesso Bellinazzo - l’intesa partecipazione nella Mepal Srl viene venduta dal Palermo a una società anonima lussemburghese denominata Alyssa Sa per 40 milioni di euro, con una plusvalenza di 21,9 milioni. Nel bilancio e nella relazione dei revisori si legge che si tratta di una società che operando a livello internazionale può raggiungere più facilmente tifosi e sostenitori della squadra e essendo dotata di mezzi finanziari più elevati può realizzare il centro sportivo di Carini».

 

Insomma, in dieci anni plusvalenze contabili per 68,9 milioni generate dal marchio del Palermo che, di fatto, è sempre rimasto nelle mani dell'ex presidente Zamparini, il quale, al telefono con Baiguera, minimizzava: «Mepal e Alyssa non sono niente altro che operazioni finanziarie permesse dalla legge italiana per ottimizzare il bilancio, stop, chiuso, che caz... te ne frega, non c'entra niente nei bilanci la Mepal no». Mentre per la magistratura c'entra, eccome.