Caso Palermo, la chiamavano giustizia

Caso Palermo, la chiamavano giustizia

Pensieri.

Più che pensieri sono dei ciarpami scivolati sulla tastiera alla rinfusa.

Eppure un paio di domande le farei volentieri ai professionisti della giustizia.

Giustizia... Ovviamente si fa per dire, poiché la sentenza pronunciata poco più di quarantotto ore fa elude qualsivoglia logica giuridica e di buon senso. 

Quindi, ricapitolando. 

 

Il Palermo viene condannato dal TFN all'ultimo posto in classifica e quindi alla retrocessione in serie C per responsabilità diretta nel reato di illecito amministrativo legato alla vicenda Alyssa - Mepal

Come se non bastasse a distanza di poco più di un'ora arriva il comunicato della Lega di B a rendere la sentenza immediatamente esecutiva, notificando, de facto, l'annullamento dei playout e confermando la data di

inizio dei playoff senza attesa alcuna per l'eventuale appello della parte soccombente, nella fattispecie il Palermo Calcio

Roba da Repubblica delle banane.

Per gli amici della Procura Federale e della Lega B, un po' di ripasso. 

 

1. Secondo l'articolo 27 comma 2 della Costituzione Italiana "l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva", quindi fino a che la sentenza sia passata in giudicato. 

 

2. I caratteri che deve avere il giudice sono l'imparzialità, la terzietà e l'indipendenza. Pena la ricusazione di quest'ultimo. 

 

3. Ne bis in idem sostanziale (nessuno può essere processato due volte per lo stesso reato).

 

4. L'articolo 3 della Costituzione Italiana sancisce il principio di uguaglianza.

 

Sono alcuni dei principi cardine del nostro ordinamento giuridico che lunedì sono stati vilipesi e mortificati: un'autentica prostituzione del diritto.

La chiamavano giustizia.

 

Il nulla cosmico a cui la città e i suoi tifosi sono stati relegati accentua ancora di più la propria voragine con la sensazione ormai plastica di un autentico accerchiamento e/o complotto nei confronti di questi colori.

Il calcio italiano vistosamente alla deriva e sempre più ammalato terminale spara a morte al capro espiatorio Palermo Calcio per rinascere e tornare pio e limpido.

Basta andare a vedere chi sono i soggetti che compongo il consiglio di Lega B che lunedì ha armato la mano dell’ingiustizia per colpire fatalmente non solo la squadra ma la passione e l’amore per questo sport.

La chiamavano giustizia.

 

La mesta considerazione ci lascia attoniti ma la realtà ci racconta di un calcio italiano sempre più politico e meno sportivo.

Una dimensione in cui a decidere le sorti di una squadra non è il pallone che varca o meno la linea della porta ma “l’umore” di prestigiatori in doppiopetto lì, ex cathedra, a decidere nel sacro nome del diritto (quale?) il

futuro e l’epilogo dei campionati. 

La chiamavano giustizia.

 

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