Vinciamo le finali ma non ci premiano
È un campionato di alti e bassi, per il Palermo. Un’altalena sconcertante, un mix di schemi variati, allenatori cambiati, nuovi dirigenti presunti e giovani promesse mancate, dove il rendimento della squadra guida i giudizi di tifosi e media. Basta una prestazione come quella contro il Genoa per organizzarsi di nuovo per vedere le partite di sabato il prossimo anno, in serie B, e una vittoria squillante per pensare a scenari futuri europei, e tutti lì a informarsi su quale tv abbia i diritti dell’Europa League. (Per decenza non parliamo di Champions, non siamo al cabaret.) Ogni sfida decisiva è rappresentata come la nostra personale finale di Champions League, o come il match ball decisivo per porre fine alla lotta salvezza. Con l’Udinese ha funzionato quasi tutto. I due allenatori gemelli argentini, sono stati coadiuvati dal tecnico italiano Bosi, in attesa dell’allenatore Tedesco, Giovanni. Una specie di cooperativa di allenatori, che sembra abbia dato la svolta decisiva ai rosanero, augurandoci che non si torni sull’altalena già da sabato prossimo. (Oddio, si gioca di sabato? Non è un presagio, vero?) Adesso, per qualche giorno, si tornerà a parlare di sfida decisiva, di finale di Champions, come contro Verona, Frosinone, Udinese. E mio cugino Pino mi continua a chiedere: “Ma con tutte ‘ste finali di Champions che abbiamo vinto quest’anno, com’è che invece di giocarci la Coppa Intercontinentale, ci giochiamo la serie A a Carpi?” Come dargli torto?