Vecchio Palermo, vicina la parola fine

Vecchio Palermo, vicina la parola fine

 

L'edizione odierna del Giornale di Sicilia dedica due articoli al vecchio Palermo, con il fallimento della società che sta per diventare un fatto. Benedetto Giardina informa, infatti, che il Tribunale civile ha commissariato la società condannando il presidente Bergamo e Daniela De Angeli al pagamento delle spese processuali che si aggirano intorno ai 5.000 euro ciascuno. 

 

Il commercialista Giovanni La Croce diventerà il commissario della Us Città di Palermo - spiega Giardina - e svolgerà l'incarico per altri 12 mesi, anche se la questione si chiuderà in tempi molto più brevi. La Croce ha ispezionato i conti la scorsa settimana e nelle sue relazioni non era stato tenerissimo ipotizzando la bancarotta per Zamparini per aver violato la par condicio creditorum, ovvero l'uguale trattamento fra i creditori. Inoltre, La Croce ha evidenziato l'inesistenza del credito fiscale utilizzato dai Tuttolomondo per pagare parte dei debiti. 

 

La quinta sezione civile del Tribunale non ha dubbi sui sospetti dei fatti accaduti che hanno inguaiato la società: dalle plusvalenze fittizie, all'utilizzo dei soldi per favorire Zamparini e non i creditori fino al movimento fittizio dei 5,8 milioni che i Tuttolomondo dovevano usare per risarcire il fisco. Anche per questo Riccardo Arena, nel secondo articolo sul Giornale di Sicilia, scrive della revoca del concordato preventivo della vecchia società. Arkus ha una settimana di tempo per presentare memorie e controdeduzioni rispetto a ciò che viene contestato dai creditori e dalla procura. Ma anche la procura preparerà le proprie deduzioni e allora il Tribunale penale deciderà se revocare o meno il concordato e nel caso di revoca si aprirebbero le porte verso il fallimento. 

 

In caso di fallimento per la vecchia società si farebbe durissima per i Tuttolomondo con l'ipotesi della bancarotta fraudolenta in sede penale, non solo per loro ma anche per i vecchi gestori. La revoca del concordato - spiega Arena - nascerebbe dal fatto che gli amministratori avrebbero speso circa 370 mila euro che c’erano nelle casse per pagare esperti e consulenti che si stanno occupando proprio del concordato. Il fatto in sè, scrive Arena, non è illecito ma questi soldi dovrebbero uscire dalle casse di Arkus e non del Palermo perché in questo modo diventerebbe quasi un escamotage per prelevare altro denaro ad un’azienda già abbastanza impoverita. Insomma, per il vecchio Palermo potrebbe arrivare presto la parola fine.