Palermo-Venezia: quindici anni dopo

La storia delle due società dall'ultimo scontro in campo ad ora

Palermo-Venezia: quindici anni dopo

All’inizio dell’estate 2002 il Venezia è appena retrocesso male dalla Serie A con l’idea di risalire immediatamente mentre il Palermo è stato travolto in pieno dallo tsunami economico del calcio italiano che ha spazzato via la Fiorentina e inguaiato Franco Sensi che mentre la Roma è in alto mare abbandona al suo destino il Palermo con Giorgio Perinetti da solo cerca di tenere insieme i pezzi di una società prossima al fallimento.

 

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Per i neroverdi la stagione è stata tribolata soprattutto a livello ambientale con Zamparini, contestatissimo, che a Venezia non trova più terreno fertile per i suoi progetti ad ampio raggio decidendo così di comprare, dopo aver flirtato anche con Napoli e Genoa, il Palermo, rilevato da Sensi il 21 luglio dopo una lunga trattativa. I giocatori e lo staff del Venezia (compreso il tecnico Glerean) vengono prelevati dal ritiro per essere trasferiti a Longarone nell’episodio che passa alla storia come “Il travaso di Pergine”. Le parti così si invertono: mentre il Palermo di punto in bianco si ritrova uno squadrone, il Venezia viene assemblato alla rinfusa con quel che c’è in giro perdendo ogni certezza del domani.

 

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Nel primo rendez-vous tra le due compagini il 10 novembre 2002 la squadra veneziana si prende una rivincita sui “depredatori” nello stadio da poco divenuto “Barbera” vincendo 0-2, lo stesso risultato con cui il Palermo in piena corsa promozione (poi sfumata l’ultima giornata a Lecce) si impone al “Penzo” nella gara di ritorno. L’anno successivo, il Palermo non ha più (al netto di Soligo) nessun giocatore che fu del Venezia ma un’autentica corazzata che però soffre nella gara d’andata, salvata solamente da una fuga di Vasari sulla destra chiusa da una delle tante zuccate di Luca Toni. Nella gara di ritorno un Palermo lanciatissimo verso la A demolisce con un netto 4-0 un Venezia con l’acqua alla gola: alla fine della stagione i rosanero volano nella massima Serie con i neroverdi che si salvano con l’acqua alla gola nello spareggio contro il Bari.

 

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Nella stagione 2004/2005 arriva l’escalation delle rispettive parabole. Il Palermo da neo-promosso arriva sesto, conquistando una storica qualificazione in Coppa UEFA mentre il Venezia vive una stagione drammatica che si conclude con un cupissimo climax discendente: retrocessione sul campo,  Scandalo-Genoa come ultima partita ufficiale e fallimento societario. Negli anni successivi la forbice ideale tra le due squadre si allarga ulteriormente con il Palermo sulla cresta dell’onda, seppur con fortune alterne, ed il Venezia che al contrario si ritrova in situazioni ancora più brutte di quelle vissute in precedenza che lo porteranno a fallire altre due volte. In quel lungo periodo spesso e volentieri i veneziani hanno voluto dire ai palermitani quanto vana fosse quella gloria che (seppur in tono minore) fu loro con un presidente come Zamparini, ma le loro parole viste come figlie legittime di una rivalsa tagliata con l’invidia hanno sempre rilevato il giusto nel contesto felice d’allora.

 

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In questi ultimi due anni le situazioni si sono nuovamente ribaltate e visto che quel che è successo a Palermo non è tanto diverso (al netto di sfumature ancor più cupe) dal film visto a Venezia nel 2002 qualcuno avrà avuto sensazione di deja-vù, magari pensando ai continui moniti che arrivavano dalla Laguna. A prescindere da questo e a 13 anni dall’ultimo incontro in campo Palermo e Venezia si ritroveranno da avversarie in uno scontro diretto per la promozione in A vissuto in una condizione opposta: mentre gli ospiti son ripartiti a livello societario da un progetto solido con ambizioni a breve-medio termine i rosanero non hanno certezza del domani.

 

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La sfida del “Barbera” in programma sabato alle 18 è per ora uno scontro diretto trascendentale per il futuro della stagione di entrambe ma potrebbe diventare nei prossimi giorni l’ultimo tratto di compasso che va a chiudere un cerchio idealmente apertosi il 21 luglio 2002 con il “Travaso di Pergine”. Pur brutta che sia la situazione, il condizionale resta un obbligo: per fare un funerale non basta un prete armato di retorica ma ci vuole un morto che ancora per fortuna non c’è.