Ciò che è morto non muoia mai

Ciò che è morto non muoia mai

In momenti come questo una penna pesa più di un macigno. 

 

Dover scrivere della morte (quasi certa) del Palermo Calcio è quanto di più doloroso può capitare ad un giornalista tifoso dei colori rosanero. Morte avvenuta per giunta in un giorno che per congiunture astrali amplifica il mio sentimento di beffa e di amarezza. 

 

Il 4 luglio la Covisoc boccia il Palermo escludendolo dalla Serie B. La morte rosanero nel giorno della nascita, più di trecento anni fa e dall’altra parte del globo, degli Stati Uniti d’America e dell’amore di Romeo e Giulietta narrato nella celebre opera shakesperiana. 

 

Storia, letteratura ma anche sport. Quel 4 luglio che tredici anni fa mi ha regalato una delle gioie più incredibili della mia, seppur breve ma non brevissima, vita da tifoso di calcio. Un rosanero tinto d’azzurro, a Dortmund, gira in pieno recupero il pallone alle spalle di Jens Lehmann e subito dopo Alex chiude i discorsi regalando all’Italia la finale mondiale contro i nemici di sempre, in casa dei nemici di sempre. Quegli avversari che nello stesso giorno, nel lontano 1954, ottenevano il primo successo mondiale contro la grande Ungheria di Puscas, che insieme all’Olanda del 74’ compone il duo di squadre più forti di sempre che non hanno mai vinto una rassegna intercontinentale.

 

Da amante di calcio e di intrecci storico-culturali uccidono il Palermo Calcio in un giorno come questo, lasciandomi la sensazione di una serie tv, amata follemente, che si chiude con un finale di merda. Mi perdonerete il termine indelicato, ma non ho veramente altre espressioni che possano esprimere meglio tale sensazione. 

 

Per motivi anagrafici il mio amore per i colori rosanero è nato proprio in corrispondenza dell’inizio dell’era Zamparini, iniziata col botto e capace di entusiasmarmi e divertirmi proprio come una serie tv può fare. 

 

Poi il calo fisiologico, mancanza di idee, forse il tempo che passa, ma sempre con la speranza dell’arrivo di quell’idea geniale che risollevi tutto. Invece solo tanti plot twist sconclusionati degni del peggior sceneggiatore e un finale che dà solo una sensazione di enorme schifo, e che manda a quel paese tutti i momenti di gioia dei primi anni. 

 

Forse un giorno di nascita e di gioia come il 4 luglio può invece permetterci di cambiare prospettiva, e di vedere questa morte come una rinascita degna dell’araba fenice. Di rinascita anche delle nostre penne, per farle tornare leggere e farle volare partendo dal basso, da ambienti alle volte anche bucolici che tanto hanno dato alla letteratura. Per avere, almeno per una volta, la possibilità di riscrivere un finale da dimenticare e tornare a parlare di ciò che più amiamo, ovvero di calcio.