Il futuro? Azionariato popolare. Ecco chi lo propone al Palermo

Intervista all'avv. Michele Calantropo, promotore di un progetto d'acquisizione del Palermo sul modello dell'azionariato popolare.

Il futuro? Azionariato popolare. Ecco chi lo propone al Palermo

Abbiamo intervistato l’avvocato Michele Calantropo, che nel 2011, insieme ad un gruppo di amici tifosi rosanero, ha provato a mettere in piedi un progetto d’acquisizione della società rosanero sul modello dell’azionariato popolare.

 

Avvocato, cosa vi ha spinto ad intraprendere un progetto così ambizioso?

 

"Principalmente, è stata la passione per il Palermo che ci legava, al di là dei rapporti personali. Abbiamo vissuto insieme trasferte epiche, sotto ogni clima e sotto ogni latitudine. Dunque, ci siamo messi insieme, chi sotto il profilo giuridico, chi dal punto di vista promozionale, con l’obiettivo di acquisire tramite azionariato popolare non tutte le quote della società rosanero, ma solamente il 25%, in maniera tale da poter esprimere almeno un consigliere all’interno della società, per avere la possibilità di intervenire in alcune decisioni.

Abbiamo raggiunto in pochissimo tempo 150 adesioni al progetto, che non è poco, soprattutto perché l’abbiamo fatto in maniera del tutto amatoriale.

Per procedere all’acquisizione di un’azienda, si parte con la cosiddetta due diligence, cioè una verifica della ‘salute’ dell’azienda. Noi siamo partiti dalla visura camerale, ma avevamo dei dubbi su alcune circostanze: era un bilancio sanissimo, ma non capivamo come determinate dichiarazioni che risultavano sulla stampa fossero distoniche rispetto a quello che ci trovavamo negli atti. È ovvio che quello che fa fede è ciò che c’è scritto nei documenti ufficiali, e non quello che risultava sui giornali. Nacque, però, un dubbio: continuare con questa iniziativa, o lasciar perdere?

In realtà, tramite alcuni colleghi che allora erano vicino alla società del Palermo, facemmo un sondaggio del tutto informale, e la risposta che ci venne data, naturalmente ufficiosa, fu negativa. Noi non abbiamo mai presentato offerte scritte, perché è inutile fare una proposta, come ha fatto Frank Cascio, se non c’è dall’altro lato qualcuno che vuole vendere. Nel 2011, non c’era nessuna intenzione di avviare una trattativa per la cessione della società. Nonostante tutto, un episodio che mi fa sorridere c’è: quando, prima della finale di Coppa Italia tra Palermo e Inter, uno degli investitori arabi arrivati a Palermo confermò l'interesse all’acquisto – cosa che mi risulta essere vera – ma che evidentemente fu soltanto ringraziato dell’interesse. Questo nel 2011. Ora non so se qualcosa sia cambiato, ma non mi risulta che il presidente Zamparini abbia mai venduto una società prima che questa fosse decotta, vedi il Venezia".

 

 

Come funziona una società di proprietà dei tifosi?

 

"Partiamo da un presupposto: quella del Palermo è una società per azioni, ma è un’unione sportiva, quindi ha caratteristiche diverse dalle s.p.a quotate in borsa.    

Noi avevamo strutturato quest’associazione che volevamo chiamare ‘MyPalermo’, perché voleva essere collegata al circuito My, e di fare delle categorie di soci, per esempio: il socio sostenitore con 500€, il socio ordinario con 150€, e così via. Insomma, una gradualità di soci che potevano conferire il loro capitale all’interno della società del Palermo. Il sistema funziona così anche nelle altri parti del mondo.

È certamente l’amore per la società che spinge ad investire, ma ci sono anche dei privilegi: laddove tu sia iscritto come socio, hai la possibilità di avere dei biglietti omaggio per determinate partite, o la prelazione sull’abbonamento. C’era anche l’idea di creare un canale dedicato al Palermo, come avviene con Milan, Roma o Juventus. Tutto questo era nelle idee di noi, pazzi scriteriati.

Pazzi, perché come disse il buon Delio Rossi, nel calcio non ci sono filantropi. Quando sento presidenti che affermano di aver perso soldi nel calcio, mi viene da ridere. Non ho mai visto persone, tranne forse il mitico presidente Rozzi, o Barbera, mettere soldi in una società di calcio semplicemente per amore. Il mondo però oggi è diverso: ci sono i diritti televisivi, c’è il merchandising. Senza contare che Palermo ha un numero di emigrati all’estero enorme. Partite come Schalke 04-Palermo in Coppa Uefa erano un delirio: allo stadio di Gelsenkirchen c’erano quasi più tifosi rosanero che tedeschi. All’estero, un numero spropositato di tifosi vede il Palermo in tv. E incominciando a ragionare in un’ottica commerciale di brand, cambia tutto. Non è che non si può fare, ma ci vogliono molti soldi".

 

Lei crede che la tifoseria rosanero, con l’umore variabile che negli ultimi tempi la contraddistingue, sia pronta per avviare e dare continuità ad un progetto di questa portata?

 

"Io credo che la piazza rosanero sia tutt’altro che distaccata. A livello economico, certo, la vedo difficile: oggi c’è una depressione tale per cui, per andare con la mia famiglia a vedere Palermo-Lazio, devo spendere 100€. Anche per questo lo stadio è vuoto. Però, il palermitano ama la sua squadra e non è vero che si sta disamorando, ma non la riconosce più come il Palermo.

Se i rosanero tornassero ad avere un’identità, non sarebbe così. Il palermitano non pretende Pastore, Cavani e Miccoli. Certo, quella era una realtà stupenda. Ma che siano dei giocatori normali a vestire la maglia. Si pretende una squadra costruita per mantenere la serie, non altro. Tenerci ogni anno in bilico, con la speranza che l’ennesima scommessa vada in porto: come può appassionarci così?

Il tifoso rosanero vuole solo essere rispettato. Cambiare otto allenatori, come l’anno scorso, non è rispettare la piazza".

 

In che modo potrebbe essere competitivo un modello di azionariato popolare in Italia?

 

"In Italia non puoi creare un solo modello economico competitivo, perché hai sempre un socio di maggioranza che è l’Agenzia delle Entrate. L’azionariato popolare è un modello che potrebbe funzionare, perché innanzitutto consente alle società di avere le famiglie allo stadio, e aprendo alle famiglie migliori la qualità dello stadio, l’ordine pubblico diventa un problema minore. Con l’azionariato popolare si invitano le persone a vivere la squadra, generano una cultura calcistica in città".

 

Zamparini ha dichiarato che a breve, forse entro il 2017, arriverà la prima proposta ufficiale per l’acquisto del Palermo.

 

"È una mia personale convinzione, ma non credo a una parola. Credo, invece, che il presidente dichiarerà di aver ricevuto un’offerta, che avrà bisogno di tempo per valutarla, e rimanderà il tutto ad un periodo successivo. Per me, si chiuderà con un nulla di fatto. Penso che l’unica vera offerta l’abbia fatta Cascio e sappiamo com’è finita. Oggi, invece, gli investitori orientali di cui parla Zamparini non hanno un volto né un nome. Ci sono solo slogan. È chiaro che, da tifoso del Palermo, spero che i nuovi acquirenti ci siano e siano interessati a rilanciare la società. Mi auguro, però, che non siano gli stessi cinesi che hanno acquistato il Pavia, lasciandolo dopo un paio d’anni in condizioni pessime".

 

Siamo in chiusura. Più che una valutazione sul presidente Zamparini dell’ultimo quinquennio, le chiedo un voto complessivo alla dirigenza MZ dal 2002 ad oggi.

 

"Gli do 9. È stato un grande presidente, e non lo negherò mai. Ma quando ha capito che era finito il suo tempo, doveva vendere. Dal punto di vista aziendale, Zamparini è stato impeccabile.

È un grande imprenditore, e proprio per questo dico: presidente, quello non è più il suo posto. In questi quindici anni, i tifosi rosanero si sono divertiti, hanno visto la loro squadra battere la Juventus, il Milan, l’Inter, hanno partecipato alle competizioni europee. La nostra permanenza in serie A ha permesso di conoscere tifosi del Palermo in tutta Italia. Andare a vedere Roma-Palermo, con i rosanero appena promossi, e sentire Marione che all’Olimpico annuncia la formazione del Palermo, è un ricordo indelebile. E questo l’ha realizzato Zamparini. Ecco perché non gli do meno di 9. Se vendesse, però, gli darei anche 11".

 

Chiudiamo con una previsione: il Palermo si salverà?

 

"È molto difficile. Ha un numero di punti che statisticamente dicono che non si può salvare. Per potersi salvare dovrebbe cambiare almeno mezza squadra, prendendo giocatori pronti e di categoria.

Ma dal 2002 ad oggi, a gennaio Zamparini non ha mai preso più di due o tre giocatori e quasi mai determinanti. L’Empoli e il Pescara sono squadre più attrezzate.

Poi, certo, la palla è tonda e può succedere di tutto. Ma, ad oggi, non nutro grandi speranze di salvezza".