Non mi accontento della sopravvivenza
Giovanni Guglielmini

Nei mesi scorsi mi hanno colpito molto due dichiarazioni rilasciate agli organi di stampa. La prima del presidente Zamparini: "Se avessimo preso Araujo fra due-tre stagioni l’avremmo rivenduto il doppio". La seconda di Paulo Dybala: "Qua (alla Juve) è diverso rispetto al Palermo: si deve vincere in ogni partita". Poi è arrivata la terza, Enzo Maresca dichiara: "A fine gennaio mi hanno detto che avrei giocato poco visto che la situazione di classifica era buona". Di solito si dice che tre indizi fanno una prova: il Palermo non compete per ottenere il massimo risultato sportivo. Abbiamo un presidente che pensa esclusivamente alle plusvalenze sugli acquisti, ex giocatori che dichiarano che alcune volte si scende in campo essendo consapevoli di non vincere, e uno dei migliori calciatori della rosa messo da parte la scorsa stagione (sarebbe curioso sapere da chi) perchè “tanto la classifica era buona”.
Nello scorso campionato, dopo la splendida vittoria sul Napoli a febbraio, il Palermo era praticamente salvo ed a pochi punti dalla zona Europa League. Si tentò di “alzare l'asticella”? Avvenne lo sprint per cercare la qualifcazione europea? Ovviamente no.
Dopo quella partita cominciò un lento declino che portò la squadra ad un finale di stagione noioso e senza stimoli, condito dalle quotazioni settimanali sul prezzo di Dybala, il quale venne addirittura relegato in panchina in alcune partite per evitare infortuni.
Anche quest'anno ci troviamo nella solita situazione: sono stati venduti i giocatori migliori, la campagna acquisti è stata insufficiente e si spera nell'esplosione del giovane talento. Il tutto appare come un preciso disegno societario: sopravvivere in serie A con salvezze più o meno tranquille. Sia chiaro: nessuno chiede lo scudetto. Ma almeno provare a fare sempre qualcosa in più, sia all'interno della stagione in corso che in quelle successive.
Con dignità, e inseguendo il massimo risultato sportivo.
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