Una soluzione c'è: cancellare la stagione 2020/21
Adesso che si può cominciare a ragionare su una “Fase 2” e su un ritorno (seppur graduale e segnato dalla consapevolezza che si dovranno fare i conti con COVID-19 ancora per un tempo non definibile) alla vita di tutti i giorni si può tornare anche a parlare di calcio e del ritorno in campo senza la sensazione di essere del tutto fuori luogo.
La questione non è di semplice risoluzione per via dell’intersecarsi di quei diversi e legittimi interessi messi inevitabilmente in secondo piano davanti allo scoppiare della pandemia: nella ricerca di un’equazione che difficilmente potrà lasciar contenti tutti bisognerà tener conto sia dei fattori economici (discorso che vale non solo per il gotha multimilionario ma anche se non soprattutto per quelle realtà in cui il calcio tiene in vita pezzi di piccola/media economia reale) sia del desiderio delle squadre di poter competere per i legittimi obiettivi conquistati sul campo durante la stagione nel modo più lineare possibile, sia soprattutto delle incombenze dei calendari internazionali.
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Valutando l’evoluzione attuale della pandemia (che resta ancora oggi molto seria non solo in Italia) pensare ad una conclusione “naturale” di quel che resta da giocare della stagione non ha completamente senso, non essendoci i tempi tecnici. La soluzione dei play-off, proposta a più riprese e sempre in auge, in teoria è quella più funzionale per dare a questa stagione la parvenza di un epilogo in un tempo più risicato possibile.
I numeri attuali, in discesa ma non di certo crollati, dicono in modo forte e chiaro che pensare di tornare in campo a maggio (per altro con la consapevolezza di dover forzare delle soluzioni in ottica di contenimento dei rischi di contagio) è una forzatura rischiosissima equiparabile a quella di un’atleta reduce da una rottura dei legamenti crociati che piuttosto che finire la riabilitazione nei tempi previsti rientra con mesi di anticipo correndo il pericolo di farsi ancora più male di prima se non addirittura di dover chiudere la carriera.
Concludere una stagione con l’assillo di dover finire con certe tempistiche, un caldo sullo sfondo che certo non aiuterebbe le performance e in un contesto sanitario che attualmente resta di assoluta emergenza, toglierebbe al tutto quel poco di credibilità e bellezza che gli resta. Una soluzione per poter concludere, come è giusto che sia, quello che è iniziato e farlo in un modo congruo c’è ed è applicabile a tutto il sistema calcio europeo. Cancellare la stagione 2020/2021 (mercato compreso) la cui necessità d’avvio nei tempi stabiliti rappresenta il problema dalle implicazioni più annose.
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Usare l’estate per prepararsi alle partite, tornare in campo a settembre (quindi con maggiori speranze che la tendenza attuale di diminuzione dei contagi sia consolidata e migliorata con conseguente possibilità anche di poter ripristinare gli accessi al pubblico, con quel che ne deriva) e concludere nel lasso di tempo destinato al prossimo campionato gli impegni della stagione 19/20 compresi gli Europei. Ripartendo in modo convenzionale in vista della stagione 2021/2022.
Sotto il versante sportivo si avrebbero delle competizioni chiuse regolarmente con tempistiche non compresse; a livello economico la possibilità/speranza (virus permettendo) da parte delle società e delle federazioni di poter riavviare le attività in modo canonico senza la costrizione di dover giocare a porte chiuse con tutto quello che ne deriva. Certo sacrificare un’intera stagione non sarebbe una cosa semplice ma in questo momento storico, che purtroppo come stiamo vedendo porta con sé implicazioni serie a tutti i livelli, quel che ci vuole è principalmente buon senso. E buon senso impone che la ripartenza, nel calcio come nella vita, sia (nelle more e nelle specificità di ogni universo produttivo) fatta con criterio.