Il Palermo di Zamparini - L'inesorabile declino

Il Palermo di Zamparini - L'inesorabile declino

 

→ PARTE UNO: L'INIZIO DI TUTTO

→ PARTE DUE: L'EUROPA E L'ESODO DELL' "OLIMPICO"

 

 

PARTE TRE: IL DECLINO

 

Immaginate di voler costruire un castello di carta. 

Riuscite con fatica, rabbia e frustrazione ad impilare, una sopra l’altra, ogni singola carta da gioco, ma poi basta un soffio di vento o un gesto brusco e il castello va giù. Minuti, forse anche ore, per costruirlo e un attimo per distruggerlo.

 

Dall’Olimpo dell’”Olimpico” alla caduta libera: nei sette anni successivi dell’era Zamparini ne sono successe di tutti i colori. La confusione è regnata sovrana, con sliding doors continui di allenatori, dirigenti, direttori sportivi e potenziali acquirenti, nonché inchieste giudiziarie, contestazioni e storie da telenovela. 


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Partendo dall’esonero di Pioli, a campionato neanche iniziato, dopo l’ultima esperienza rosa in Europa contro il Thun, a cui sono seguiti prima Devis Mangia e poi Bortolo Mutti, per il 16° posto finale. L’anno successivo, dopo ben 5 cambi di allenatore, rivoluzioni societarie e squadra ribaltata come un calzino a gennaio per opera di Pietro Lo Monaco arriva, dopo 9 stagioni a livelli altissimi e 5 partecipazioni europee, la retrocessione in Serie B

 

La promozione dei record ad opera di Iachini, che nella stagione successiva raggiunge l’11 posto serie grazie anche alla consacrazione definitiva del "picciriddu" Dybala, del "mudo" Vazquez e del "gallo" Belotti. E arriva l’ennesima rivoluzione: via i big, via Iachini, 5 allenatori diversi, ammutinamenti di giocatori, ma la retrocessione viene evitata all’ultima giornata. O meglio, ritardata di un anno. Il Palermo infatti retrocede la stagione successiva, di nuovo, facendo una delle annate peggiori sua storia in massima serie e raggiungendo il record di 8 (!!) esoneri in una singola annata. Fino ad arrivare a Tedino, Stellone e la promozione sfumata nella famosa partita di Frosinone

 

18 cambi di allenatori totali, scelte scriteriate, e i Sorrentino, Vazquez, Dybala e Belotti che si sono salvati di fronte ad una sfilza di giocatori decantati come fenomeni e poi caduti nel dimenticatoio. Cambi continui di direttori sportivi e consulenti slavi dalla dubbia origine (nessuno dimentica i quasi 3 milioni di commissione per Balogh) hanno portato Zamparini al declino, alle fatiche economiche, all’odio di una grossa frangia di tifosi, alla stanchezza, alla cessione. 

 

Tanti sono stati gli “acquirenti” vicini all'acquisizione del Palermo, quante le dominazioni passate dal capoluogo siciliano nel corso dei secoli. Arabi, cinesi, messicani, americani: tante promesse, pochi fatti. Prima i 100 milioni di Frank Cascio, poi la presidenza di Paul Baccaglini, l’ex iena che si tatua il logo sul petto, fa proclami nei mercati e sparisce una volta rifiutata l’offerta finale per il closing (dicono). I guai con la procura, Mepal, Alyssa, l’istanza di fallimento, le accuse di riciclaggio e falso in bilancio, Ponte, Follieri e di nuovo gli americani. 

 

Maurizio Zamparini si dimette dalla carica di presidente del Palermo il 27 febbraio 2017, dopo 15 anni rosa come il rosolio e neri come l’amaro, ed è rimasto il patron fino a qualche giorno fa. C’è chi lo ringrazia, e chi lo insulta. Chi ricorda i fasti dei tempi che furono e chi non può tollerare le tante prese in giro e provocazioni degli ultimi anni. 

 

Una storia divisa in tre parti, come il viaggio dell’eroe delle rappresentazioni classiche: esordio, ascesa, caduta. Se Maurizio Zamparini lo è stato davvero, un eroe nel senso classico del termine, lo potrà dire soltanto quello che si può ritenere, forse, il vero fattore condizionante di tutta questa vicenda, ovvero il tempo. 

Tempo che ha dato e che ha tolto, e che sarà in grado anche di svelarci, un giorno, il vero finale di questa lunga avventura. 


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