Un pranzo con Zamparini non può ledere la credibilità

Si finisce facilmente dentro l'occhio del ciclone, inermi e per forza di cose impassibili, trasportati dal vento forte dei giudizi

Un pranzo con Zamparini non può ledere la credibilità

Tanto lunghe ed impervie sono le strade da percorrere per acquisire credibilità, quanto brevi e in discesa sono quelle che ne cancellano ogni traccia.
Funziona così, non soltanto in questo mondo dinamico e caotico che è il giornalismo. È probabilmente una regola trasversale che non risparmia nessuno: non importano i contenuti prodotti nel tempo, non importano gli sforzi, né le idee. Conta l'istante, l'azione, l'immagine calata nel momento.

 

Così, si finisce facilmente dentro l'occhio del ciclone, inermi e per forza di cose impassibili, trasportati dal vento forte dei giudizi
I giudizi di chi, qualche ora prima, a buon ragione, valutava il giornalista dalle parole nero su bianco, dai ragionamenti dietro ogni argomentazione, insomma dall'idea espressa e messa a disposizione del lettore. 
Le sentenze di chi, qualche ora dopo un pranzo alla presenza di Maurizio Zamparini, ha dimenticato tutto per abbandonarsi alla rabbia cieca e assoluta, all'indignazione facile e al populismo sordo.

 

Dunque la responsabilità della disarmante, umiliante, oscura condizione in cui versa il Palermo Calcio non è più esclusivamente di chi gestisce la società: dalle ore 13 del 14 luglio di quest'anno, la colpa è da ripartire in parti pressocché uguali tra chi mal gestisce la società rosanero e la stampa connivente, adepta, affiliata al "nemico". 
Giornalisti mercenari, impenitenti "lecchini" assoldati contro la città e la tifoseria; giornalisti colpevoli in primo luogo di aver accettato un invito, e poi di non aver rovesciato i tavoli, rotto i piatti ed i bicchieri, coperto di insulti il padrone di casa. Giornalisti parte integrante del sistema marcescente che sta portando lentamente alla rovina la squadra della città di Palermo.

 

Si dimentica, però, che prima di essere tifoso, chi si occupa di raccontare le vicende rosanero è un giornalista. 
Si dimentica, però, che la stampa non è soltanto e semplicemente portavoce del malcontento popolare. 
La stampa ha il dovere di raccontare, di ricercare la notizia − che, guarda un po', dal pranzo con Maurizio Zamparini è arrivata. Ciò si deve al lettore, ancor prima che alla professione.

 

Tutto finisce nel dimenticatoio, in favore dell'offesa, della denigrazione, della ostinata contrapposizione e della malevolenza.

 

Auguro a chi oggi maledice tutti i giornalisti − senza alcuna distinzione − di poter svolgere un giorno questo lavoro. Basteranno ventiquattro ore, forse di meno, per capire la netta differenza che intercorre tra la sacrosanta libertà di critica del tifoso e quella, altrettanto intoccabile, del giornalista.

 

Un pranzo, una cena o una colazione nulla hanno a che vedere con la dignità professionale, con l'intransigenza e l'onestà con la quale quotidianamente svolgiamo il nostro lavoro.