Palermo, un atteggiamento rinunciatario che ingabbia il talento

Palermo, un atteggiamento rinunciatario che ingabbia il talento

Il Palermo naviga in brutte acque. I rosanero sono appieno nella lotta per non retrocedere, dopo due sconfitte consecutive, occupando il primo posto utile per disputare i playout.

Tra le mille possibili analisi che si possono fare in un momento così negativo, quella che salta all’occhio maggiormente è che la squadra di Corini ha scelto, ormai da tempo, un atteggiamento troppo rinunciatario che non sta pagando. Una premessa doverosa, forse anche superflua: nessuno è convinto che questa squadra sia da primi posti, le lacune ci sono e andranno colmate a gennaio. 

A questo, che è un fatto, se ne aggiunge però un altro, il fulcro della questione: il Palermo rinuncia perennemente ad offendere. Dopo un inizio di stagione in cui la squadra ha alternato il “vecchio” 4-2-3-1 di Baldini e un puro 4-3-3, è da diverse settimane che si assiste ad una manovra offensiva sviluppata con un 3-5-2. Questa manovra, però, non paga, e i motivi potrebbero essere molteplici: gli esterni non fluidificano quanto dovrebbero, Valente è eccessivamente sacrificato in copertura (7 gol e 11 assist l’anno scorso, quando giocava più vicino a Brunori), e Sala è appena rientrato e non ha ancora il passo per farlo. Questo appiattimento delle ali isola totalmente gli interni, prova ne è che Segre e Broh spariscono spessissimo dal campo. Da ultimo, il solo Di Mariano dirottato più nel centro del campo non può far miracoli per accompagnare Brunori, che non è un fuoriclasse e può anche incappare in giornate no, specie se messo in condizione di calciare verso la porta una volta ogni 80 minuti.

Forse, a questo punto, sarebbe il caso di provare un assetto più spregiudicato, dato che eccezion fatta per il trittico Cittadella-Modena-Parma, questo tipo di schieramento non è di certo equilibrato, tanto che Mirko Pigliacelli esce troppo spesso dal campo con la palma di migliore in campo.