La retorica di Silvio Baldini ha un po' stancato

La retorica di Silvio Baldini ha un po' stancato

"Le dimissioni al Palermo? Basti pensare che a me hanno lasciato un anno di contratto, mentre a Corini che è stato il mio successore ne hanno fatti due". Parole e musica firmate, indirettamente, Silvio Baldini. Un uomo che ha più volte chiarito come il denaro, i contratti non gli importassero assolutamente poiché erano altri i valori importanti, ma che puntualmente sia nella conferenza stampa d'addio al club rosanero (dove fece, involontariamente, da sindacalista ergendosi a capopopolo per squadra e staff sorprendendo tutti), che in quella d'arrivo al Perugia, dove affermò nemmeno troppo candidamente di percepire meno della metà rispetto a quanto garantitogli in terra siciliana, erano argomento di discussione.

E adesso, a pochi giorni dalle dimissioni rassegnate anche a Perugia, una intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport riaffronta l'argomento, con Baldini che afferma appunto la frase scritta sopra sul fronte contratto. Ma non è certo questa la sede virtuale per spiegare i controsensi - magari semplicemente verbali e non di pensiero, chissà - di un allenatore che si contraddice come capitato a fine luglio scorso anche nel corso della medesima conferenza stampa d'addio, facendo da tesi ed antitesi a se stesso. Perché Silvio Baldini è questo, nel bene o nel male: un filosofo della strada calcistica, inteso come calcio del popolo e dei valori ad esso appartenenti ma rigido nel suo perseguire i propri ideali, talmente rigido da contraddirsi talvolta con quanto detto qualche minuto prima.

Il problema di fondo, però, sta nelle derive dialettiche che le sue dichiarazioni hanno preso, dai paragoni calcistici attenendosi ad un Cartesio che col giuoco 11 vs 11 c'entra poco alle visioni in sogno, fino a Santa Rosalia che gli fa capire che andremo in Serie B come poi puntualmente accaduto. Tutto molto bello, per carità, e che si è sposato benissimo con quel momento storico di incertezza per la città di Palermo - attesa da tante cose, come il passaggio di proprietà al City Football Group e anche dall'elezione del nuovo sindaco - e che in Baldini ha trovato quella figura carismatica che ha riacceso le emozioni sopite di una piazza. Una sorta di sindrome di Stoccolma collettiva, che però già in quel momento a chi era un po' più cinico, concreto e coi piedi per terra cominciava un po' a stufare. Anche dopo aver vinto i play-off, quando il tecnico toscano disse che quella squadra sarebbe andata in Serie A, salvo poi venire smentito dalla prova provata del campo e dai 5 gol in 20 minuti subiti col Pisa qualche giorno prima dell'esordio in Coppa Italia contro la Reggiana.

Quel che prima era però mascherato da tanti bei ricordi, adesso, lascia però lo spazio a quello che sono i ragionamenti onirici di un uomo che prova a raccontare il calcio e la vita, sempre dal suo punto di vista per carità, in un modo anacronistico. Che non dovrebbe toccarci, certo, in quanto strettamente personale ma che invece diventa anche conseguenzialmente un nostro vissuto quando Baldini parla di Palermo e del Palermo. Perché Baldini dice di pensare soltanto al suo modo di vivere la vita come piace a lui, ma nel contempo mette praticamente bocca su tutto, su dove è passato, dove non è passato e dove passerà. Se fa sorridere pensare al suo modo di intendere la morte, con la signora in nero e lui che proverà ad ammaliarla nella vecchiaia con la sua dialettica, fa un po' meno sorridere sentire che andando nel bosco gira con un punteruolo, così come quando ad una precisa domanda su una presunta sindrome da Gesù non smentita da lui che pur sembra assai cattolico, associa ciò che è accaduto a Palermo come una "condizione magica di anime che si scelgono, e non come follia o utopia" a chi gli chiedeva se cercasse più discepoli che calciatori.

Per cui, concede un po' di credito se si prova ad affermare o quantomeno a pensare che l'onirico modus vivendi di Silvio Baldini potrebbe avere un po' stancato, e che forse, in mezzo a tanta filosofia, carica di significatologia allegorica fuori dall'ordinario, un po' di cinismo, concretezza e soprattutto consapevolezza di parlare anche di altre tematiche ma pur sempre attraverso un pallone meriterebbe tanta, ma tanta leggerezza in più.