«Boscaglia, la Serie C e quella volta a Perugia». Favo a FP.IT

«Boscaglia, la Serie C e quella volta a Perugia». Favo a FP.IT

Il Palermo continua a faticare in vista della sfida di sabato prossimo con la Viterbese. Nella settimana di avvicinamento alla partita abbiamo raggiunto telefonicamente un grande ex di entrambe le formazioni. Ha giocato con Diego Armando Maradona, ha più di trecento presenze in Serie C, attuale vice allenatore della Nazionale Italiana Under 17. Stiamo parlando di Massimiliano Favo.

Nel suo cuore un posto particolare ha certamente il Palermo dove con due promozioni in cinque anni, 162 presenze indossando anche la fascia da capitano, ha contribuito a scrivere la storia del club: «Il mio Palermo aveva tantissimi calciatori reduci da una retrocessione amarissima per colpa di una classifica avulsa figlia di risultati strani. Una squadra che fece trenta punti in casa, quando la vittoria valeva due punti, e cinque lontano dalla Favorita: su diciassette partite fra le mura amiche ne abbiamo vinte quindici, una stagione maledetta. C’erano molti calciatori, oltre al sottoscritto, come Biffi, Cecconi che accettarono di rimanere a Palermo - nonostante la richiesta di categorie superiori - per giocarsi la possibilità di riportare la squadra a certi livelli».

 

«C’era una voglia di rivalsa - continua Favo - e un carattere in quel gruppo che difficilmente ho ritrovato in altre mie esperienze da calciatore. Questa è la caratteristica essenziale in un campionato come la C dove la capacità tecnica deve essere coadiuvata da un’importante presenza temperamentale».

Quella stagione terminò con la gioia della promozione: «La partita di Perugia la stavamo perdendo fino al minuto ottantotto. Poi grazie a due colpi di testa - nonostante la mia espulsione - siamo riusciti a ribaltare il match vincendo per due reti ad una. Fu una vittoria determinante che ci ha permesso di conquistare la promozione con due giornate di anticipo. Quella viene ancora considerata - ricorda un emozionato Favo - una delle squadre più belle, proprio perché è riuscita a trascinare il pubblico palermitano partita dopo partita. In quel gruppo c’erano valori assoluti: era formato da grandi uomini che provenivano anche dalla Serie B a cui si sono aggiunti calciatori di categoria, vedi Buoncammino e Spigarelli, che allora magari non destavano clamore ma che risultarono elementi determinanti. Una squadra plasmata con intelligenza a cui vennero aggregati anche ragazzi dal settore giovanile come Campofranco e Assennato e di talento come Battaglia. Ricordo che all’inizio la reazione della gente fu timida ma poi con il tempo, grazie alle nostre prestazioni e ai risultati, i tifosi si lasciarono trascinare in una stagione entusiasmante».

 

Un Palermo che non sta vivendo certamente un presente felice: «C’è un detto nel nostro ambiente che dice “o si vince o si impara”. Si dimentica che i rosanero sono una neo promossa e - anche se per una piazza come Palermo è difficile - bisogna prendere l’attuale campionato come un apprendistato. La squadra è partita tardi, senza disputare amichevoli ed è stata una delle maggiori colpite dal Covid. Questo ti ha portato a rimandare delle partite e a disputarle in modo ravvicinato: ciò certamente ti condiziona, principalmente in un campionato dove i calciatori possono avere difficoltà tecnica e fisica di recuperare fra un impegno e l’altro».

Quel Palermo di Perugia era formato da grandi uomini: «Servono calciatori motivati intrinsecamente - dice Favo - perché se ci si aspetta che le motivazioni possano arrivare dall’esterno si fa fatica. In questo un allenatore deve essere molto bravo a motivare e a trovare dentro ogni calciatore gli stimoli giusti per far rendere al massimo la squadra».

 

In questo deve fare la sua parte mister Boscaglia che forse durante questa stagione ha un po’ deluso le aspettative: «Secondo me - lo dice uno che fa lo stesso mestiere - diamo troppa importanza al valore di un allenatore. Una volta si parlava del Napoli di Maradona, del Milan di Van Basten; ora si parla del Napoli di Sarri, della Juventus di Allegri o Pirlo. In realtà - conclude Favo - sono i calciatori che scendono in campo e un tecnico è bravo non solo se riesce a fare meno danni possibili, ma anche se ha la capacità di dare quel qualcosa in più ad ogni giocatore.

Probabilmente ci sono state tante, troppe aspettative su Boscaglia e anche su questo gruppo: non perché non sia una buona squadra, preciso, ma perché tutte le problematiche di cui sopra non sono state sopportate incidendo negativamente sul rendimento. Ogni volta che la squadra sembra aver intrapreso la strada giusta, arriva la mazzata che ridimensiona anche le attese dei tifosi».


 

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